14 gennaio 2008

Lettera da Nyahururu

Riporto una mail spedita dal fondatore dell'Associazione Saint Martin, la sua descrizione della situazione non è molto confortante, soprattutto se certe "tensioni" mettono radici tra persone che hanno sempre vissuto fianco a fianco pacificamente con lo scopo di far progredire la società civile Kenyana tramite l'aiuto ai più bisognosi...

"Alcuni amici mi hanno chiesto di scrivere qualcosa su quello che sta succedendo qui in Kenya in seguito alle elezioni. Scrivo dopo qualche giorno, quando l’interesse dei media italiani si è spento, perché non vorrei raccontare gli orrori di cui siamo testimoni, né fare una analisi dei fatti, ma solo dire qualche parola su quello che vive la mia comunità.
Durante la preghiera all’inizio del nuovo anno, John ha raccontato di come avevano ucciso suo fratello e Monica ha narrato la violenza subita dalle sue sorelle. Altri hanno condiviso storie di dolore, di paura, di preoccupazione per familiari e amici chiusi in campi profughi o dei quali non si hanno notizie da giorni. Ne è seguito un lungo silenzio. Njoroge ha rotto quel silenzio per raccontare di sé: “Sono Kikuyu, e dalla nascita mi è stato detto che la mia tribù è migliore delle altre. Sono nato a Eldoret dove i Kikuyu sono una piccola minoranza eppure i miei genitori hanno sempre votato un Kikuyu a rappresentarli in tutte le istituzioni, perfino in parrocchia. Anch’io ho votato come loro: non ho mai trovato una persona degna di rappresentarmi che non fosse Kikuyu. Mi avevano insegnato a dividere il mondo in buoni e cattivi e io appartenevo al gruppo dei buoni. Il nemico era fuori dal mio gruppo e il male una minaccia esterna. Riconosco che proprio questo modo di vedere le cose crea muri di separazione tra di noi e ci allontana gli uni dagli altri, ci rende ciechi alle ragioni altrui e sensibili solo alle nostre. Adesso ho aperto gli occhi: il male non è fuori, ma è dentro di noi.
Le parole di Njoroge commuovono molti di noi. Altri si indignano: lo giudicano arrendevole, debole e senza riconoscenza per il clan a cui appartiene. Chi tenta di mediare non e’ benvenuto e il tribalismo mette le sue tende anche tra di noi."

"...Mass media, associazioni, clubs, rappresentanti di tutte le chiese e di molte organizzazioni governative e non governative stanno facendo una forte pressione sui due candidati alla presidenza perché ci sia pace in questo paese. Il loro è un insistente appello perché Kibaki e Raila possano sedersi allo stesso tavolo e cercare un compromesso accettabile per entrambi, mettendo da parte il proprio tornaconto a favore del bene comune. Non so quale frutto porterà questo movimento, ma rimarrà nella storia di questo paese come una reazione straordinaria e un segno di maturità che si contrappone alla follia delle violenze di questi giorni. Sono testimone di speranza anche tra le migliaia di sfollati Kikuyu che arrivano qui da noi dopo essere fuggiti dalle zone degli scontri. È incredibile la mobilitazione in atto: molti di loro trovano ospitalità da parenti, da amici e conoscenti che hanno creato una rete di solidarietà improvvisata e straordinaria.
Molti rimangono nei campi profughi allestiti in questi giorni. Una parte del nostro personale ha lasciato le normali occupazioni per dedicarsi all’accoglienza. Cerchiamo di coinvolgere le nostre comunità nell’assistenza di queste persone che hanno perso tutto, tranne la loro dignità. I profughi raccontano le orribili violenze che hanno subito e la nostra gente risponde con gesti di fraterna accoglienza e generosità. Gli opposti si toccano dentro il cuore degli uomini: c’è rabbia, vendetta, violenza, ma c’è anche tanta generosità, capacità di condividere e amore fino al sacrificio di se stessi."

"...Ieri sera mi sono fermato in ufficio fino a tardi e la guardia notturna mi ha informato che davanti al cancello c’era un bambino. Sono uscito e ho trovato Ndirango: era impaurito, tremante e affamato. La sua mamma è Luo, il papà Kikuyu. Il papà è stato ucciso negli scontri di questi giorni e la mamma ha fatto salire Ndirango su un camion perché potesse fuggire e salvarsi. Il camion lo ha fatto scendere a Nyahururu e lui si è nascosto e ha pianto per due giorni. Disperato. Aveva fame e l’ho accompagnatoato nel nostro centro per ragazzi di strada e ho visto la gioia nei suoi occhi nel sentirsi accolto e protetto."

"...Il paese è ad un bivio pericoloso, ma io spero che avremo il coraggio di scegliere la via della pace."

Don Gabriele Pipinato

Foto tratte dal blog InsightKenya

1 commento:

nanny ha detto...

Complimenti per il blog...e per l'attenzione verso l'Africa..