17 gennaio 2008

La situazione non migliora, anzi...


Nairobi: la polizia uccide due dimostranti

Gli agenti hanno sparato ad altezza d'uomo. Crisi umanitaria senza precedenti nel Paese.

Uccisi due dimostranti dalla polizia a Nairobi. Gli agenti hanno sparato a altezza d’uomo giovedì mattina contro un gruppo di giovani che cercavano di uscire allo slum di Dimostranti in Kenya (Ap) Mathare, alla periferia di Nairobi, per raggiungere il centro della capitale. La città è completamente bloccata e presidiata dalla polizia in assetto antiguerriglia, apparentemente decisa a stroncare qualunque tentativo di dimostrare il proprio disappunto contro le elezioni presidenziali che considera truccate. La polizia ha sparato contro i manifestanti anche a Kisum e in altre città del Kenya. Con una messaggio sms inviato ai giornalisti, i sostenitori del partito d’opposizione ODM (Orange Democratic Movement) e del suo leader Raila Amolo Odinga, all’alba hanno confermato che per il secondo giorno consecutivo avrebbero sfidato il divieto di manifestare per le strade delle città del Kenya. Con una messaggio sms inviato ai giornalisti, i sostenitori del partito d’opposizione ODM (Orange Democratic Movement) e del suo leader Raila Amolo Odinga, all’alba hanno confermato che per il secondo giorno consecutivo avrebbero sfidato il divieto di manifestare per le strade delle città del Kenya. «Dimostrazioni pacifiche – aveva sottolineato Odinga in una conferenza stampa -. Non vogliamo provocare nessun incidente. Intendiamo opporci a Kibaki con le armi della nonviolenza, come ci ha insegnato Ghandi».
L’ODM accusa Emilio Mwai Kibaki di aver scippato la vittoria alle elezioni presidenziali del 27 dicembre con i brogli. I suoi leader hanno chiesto all’Unione Europea e agli Stati Uniti di imporre sanzioni al Kenya e al governo, varato pochi giorni fa e definito «illegale». «Le sanzioni sono essenziali per porre pressioni su Kibaki», ha detto Odinga. L’UE dovrebbe esprimersi oggi in proposito.
Il partito di Kibaki, PNU (Party for National Unity), non ha la maggioranza parlamentare e così martedì, durante la prima seduta del parlamento, non è riuscito a conquistare le poltrone riservate allo speaker e al suo vice, andate rispettivamente a Kenneth Merende e a Farah Maalim, entrambi candidati dall’ODM. Luois Michel, commissario europeo allo sviluppo, si è complimentato per l’elezione dello speaker. Ha però minacciato di sospendere il sostegno politico e economico se le autorità non mostreranno buona volontà. «Le prossime giornate saranno cruciali – ha detto alla France Presse -. Adegueremo le nostre relazioni con il Kenya, anche dal punto di vista della cooperazione, a seconda degli atti concreti degli uni o degli altri – ha specificato, riferendosi a governo e opposizione –. Se non ci sarà alcun accordo tra le parti, gli aiuti economici potranno essere sospesi. Comunque non penalizzeremo le popolazioni», ha concluso Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno chiesto al governo di togliere il divieto di manifestare pacificamente e hanno espresso le loro lagnanze per il deterioramento «del buon governo, della democrazia e dell’applicazione della legge e dei diritti umani».
Non si può dire che alle manifestazioni di ieri abbiamo aderito migliaia di dimostranti. La partecipazione è stata scarsa: poche centinaia a Nairobi, in varie zone della città, e a Mombasa. Qualcosa di più nei capisaldi dell’opposizione, Kisumu e Eldoret, una trentina a Malindi, la «capitale degli italiani», dove sono stati saccheggiati due negozi di vestiti di proprietà di kikuyu (la tribù di Kibaki, il Designer Shop e lo Smiles Beauty), ma non ci sono state altre violenze. Ai manifestanti si mescolano spesso banditi, che cercano di approfittare della situazione. A Nairobi e a Mombasa la polizia è intervenuta per bloccare le manifestazioni e disperdere i dimostranti. Gli agenti hanno sparato proiettili di gomma e bombe lacrimogene. A Kisumu, nel ovest del Paese, abitata soprattutto da luo, la tribù cui appartiene Odinga, però ci sono stati tre morti. Una catena televisiva keniota, la Kenyan Television Network, ha mostrato un poliziotto che sparava contro un giovane che cantava ballava e gli faceva risate e boccacce. Quando il ragazzo è caduto a terra ferito, è stato picchiato con i bastoni e portato via. “Testimoni – ha assicurato il network – hanno fatto sapere che è poi morto”. Secondo la KTN i morti in tutto il Kenya sono quattro. Ieri il centro di Nairobi è stato chiuso nel primo pomeriggio e la polizia, alle 4, ha ordinato l’evacuazione degli uffici e la chiusura dei negozi. I matatu, i minibus con cui si sposta la popolazione di Nairobi, sono rimasti bloccati per cui la gente è dovuta tornare a casa a piedi. Per le strade della città si sono sviluppate lunghe file di pedoni. L’ODM cerca così di ricondurre Kibaki alla trattativa. Il presidente si è detto disponibile a parlare con l’opposizione, ha escluso però qualunque presenza internazionale, cosa invece ritenuta essenziale da Odinga: «Ha scippato le elezioni, non ci fidiamo».
Per ora sono fallite le mediazioni del presidente del Ghana e dell’Unione Africana, John Koufur, e dell’arcivescovo sudafricano e leader della lotta anti-apartheid, Desmond Tutu. Ci riproverà nei prossimi giorni l’ex segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che doveva arrivare a Nairobi martedì scorso e ha rinviato il viaggio per «una forte influenza».
Il presidente Kibaki, apparso il televisione durante le votazioni per l’elezione dello speaker, è apparso stanco e affaticato.
Secondo i diplomatici che l’hanno incontrato, ancora prima delle elezioni di fine dicembre, in realtà a prendere le decisioni importanti, «compresa quella di truccare le elezioni», è un piccolo gruppo di fedelissimi, tutti kikuyu la tribù maggioritaria del Kenya, cui lo stesso Kibaki appartiene. Molti di loro hanno perso il posto di deputato al parlamento, perché le votazioni hanno sconvolto l’intera geografia della politica keniota. Molti di loro prima che uomini politici sono uomini d’affari, che hanno spremuto il Paese all’inverosimile. L’organizzazione internazionale Trasparency International mette il Kenya ai primi posti nella classifica dei Paesi più colpiti dalla corruzione. Il braccio di ferro tra Kibaki e Odinga sta provocando una crisi umanitaria senza precedenti in Kenya: duecentocinquantamila persone (soprattutto kikuyu) hanno abbandonato le loro case e hanno cercato protezione e sicurezza nelle chiese, egli ospedali e nelle caserme. Seimila sono scappati in Uganda. Le Nazioni Unite hanno lanciato un appello per raccogliere 30 milioni di euro da devolvere in aiuti alle popolazioni colpite dalle violenze. L’agricoltura del Kenya è sempre stata sufficiente a coprire il fabbisogno nazionale, ma le violenze tribali hanno costretto molti coltivatori ad abbandonare le loro terre, soprattutto nella fertilissima Rift Valley (una spaccatura della crosta terrestre che va dal Mozambico all’Etiopia). Anche il settore turistico, un vanto del Paese, è stato duramente colpito. Gli alberghi della costa sull’oceano indiano e i lodge che ospitano i turisti nei parchi sono deserti. I ministeri degli esteri francese e britannico hanno avvisato i propri cittadini di viaggiare in Kenya solo se si hanno motivi di stretta necessità.

Articolo tratto da Corriere.it

Immagini tratte dal blog InsightKenya

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