28 gennaio 2008

La "febbre della Rift Valley"


Kenya, ancora stragi

Decine di morti nella zona della Rift Valley, scontri e massacri tra le etnie kikuyu e luo.

La voce di Faith al telefono è fioca: “Non so quanti siano i morti, quaranta cinquanta. Solo domattina con la luce del giorno potremo contarli. Sono stati tutti ammazzati a colpi di panga (così si chiama il machete in Kenya, ndr) o con frecce avvelenate. La situazione è critica. Non abbiamo ossigeno e non possiamo operare i feriti”. E’ già sera inoltrata a Nakuru, nel cui ospedale, ormai stracolmo di pazienti vittime della violenza interetnica, come caposala, lavora Faith. La furia omicida si è scatenata nella Rift Valley, regione occidentale del Kenya, dopo le contestate elezioni presidenziali del 27 dicembre.
Il 5 gennaio durante un’intervista davanti al letto di un uomo con una freccia piantata nella scatola cranica, la ragazza si era sfogata: “Basta con la guerra tra tribù. Io sono kikuyu, ma aiuto tutti; anche i kalenjin e i luo”. Kikuyu è anche il presidente Emilio Mwai Kibaki accusato dall’opposizione (la cui spina dorsale è formata dai kalenjin, dai luya e dai luo) di aver vinto le elezioni con i brogli. L’antagonista di Kibaki, Raila Amolo Odinga, che è un luo, sostiene di essere stato lui il trionfatore della tornata elettorale del 27 dicembre.
Domenica le violenze si sono spostate più a sud, a Naivasha, una novantina di chilometri dalla capitale Nairobi, dove in una casa sono state bruciate vive 14 persone della stessa famiglia. Gli assalitori hanno circondato l’abitazione bloccato le porta e finestre e appiccato il fuoco. Per le strade di Naivasha sono stati raccolti dalla Croce Rossa altri nove cadaveri con la testa spaccata a colpi di panga. Questi sono gli episodi più eclatanti di cui sono venuti a conoscenza i giornalisti.
Si teme però che nelle campagne e nei villaggi isolati ci siano state delle stragi di cui nessuno ha ancora notizia. “Sono atti mostruosi – ha commentato Odinga – che condanno con tutta la mia forza. Ci sono comunque bande criminali che si muovono con la protezione della polizia per creare un clima del terrore nel Paese”. L’ondata di violenza ha provocato un afflusso di sfollati: almeno 300 mila, sostengono fonti delle Nazioni Unite. I massacri hanno fatto passare in secondo piano il tentativo di mediazione dell’ex segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, a Nairobi da quasi una settimana. Annan domenica ha incontrato Odinga e lunedì dovrebbe incontrare Kibaki. Le loro posizioni sono però ancora assai lontane. Siamo riusciti a parlare con un diplomatico (non italiano) che domenica ha incontrato Kofi Annan: “Il problema da risolvere è politico, non etnico o razziale. Ci sono alcuni ambienti kenioti che traggono vantaggio dal caos che regna in alcune zone del Paese. Un Kenya instabile, insomma, giova a qualcuno. Annan sta cercando di farlo capire sia a Kibaki sia a Odinga, perché siano essi ad allontanare dalla propria cerchia questa gente che non ha a cuore le sorti e gli interessi del loro Paese, ma pensa solo ai propri affari senza curarsi dei poveri e dei diseredati. Persone che per il proprio tornaconto sono disposte a tollerare o, peggio, incoraggiare i massacri. I morti della Rift Valley non sono altro che sacrifici umani”.

Articolo tratto da Corriere.it

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Tommy Gun,
per puro caso mi sono ritrovata nel tuo blog (stavo lavorando a notizie sul Kenya). Ti segnalo che tra i vari link locali potresti inserire anche www.giornalesentire.it che dedica ad ogni numero spazio alle guerre dimenticate e ai conflitti in atto con propri reportages. Un cordiale saluto
Corona Perer (giornalista)
Direttore Sentire

TommyGun ha detto...

E tu potresti inserire potresti inserire il mio blog tra nei link esterni sul tuo sito?