20 dicembre 2007

Lo stato dei Lakota


Usa, la rivolta degli indiani Lakota: "Stracciamo i trattati con il governo"

Firmati 150 anni fa, sono "parole senza senso su carta prova di valore". Pronti nuovi passaporti, patenti di guida e niente tasse.

Vennero firmati più di 150 anni fa. Adesso non sono altro "che parole senza senso su carta priva di valore". Così gli indiani Lakota hanno deciso di stracciare i trattati firmati dai loro antenati con il governo Usa. E' netta la presa di posizione di una delle tribù Sioux più leggendarie, che ha dato alla storia figure come Toro Seduto e Cavallo Pazzo. Destinatario il dipartimento Usa. Troppe violazioni, denunciano gli indiani. Continui abusi "per rubare la nostra cultura, le nostre terre e la nostra capacità di mantenere il nostro stile di vita". Per questo, dicono, quei trattati sono ormai carta straccia. Una lotta che cerca di salvare quel che resta di un'identità seriamente in pericolo. Con alcune tribù diventate "facsmili dei bianchi".
"Non siamo più cittadini statunitensi e tutti coloro che vivono nell'area dei cinque Stati del nostro territorio sono liberi di unirsi a noi" attacca Russell Means, uno degli attivisti più famosi, annunciando tra l'altro che, a coloro che rinunceranno alla nazionalità statunitense, saranno consegnati nuovi passaporti e patenti di guida e, nella nuova entità statale, non si dovranno più pagare le tasse. "Abbiamo 33 trattati con gli Stati Uniti che non sono stati rispettati" rincara la dose Phyllis Young, colui che aiutò a organizzare la prima conferenza sugli indigeni, a Ginevra nel 1977.
E' lunga e gloriosa la storia dei Lakota Sioux. Formidabili combattenti, guidati da Toro Seduto sconfissero il generale Custer nella battaglia di Little Big Horn, del 1876. Ma da allora molto tempo è passato. Oggi la loro storia parla di una media dei suicidi tra gli adolescenti di 150 volte superiore a quella statunitense, una mortalità infantile è cinque volte più alta e una la disoccupazione che tocca cifre altissime.

Articolo tratto da Repubblica.it

Gli Stai Uniti che non rispettano i "patti" e fanno quello che vogliono?! Strano...!

18 dicembre 2007

"Imamobile"


L'Iran prepara l'auto islamica

La nuova vettura avrà di serie i simboli religiosi e optional come le bussola che indica la Mecca.

Il crocifisso o il santino appaiono sul cruscotto di molte automobili nostrane, ma non sono optional forniti dalla casa di produzione. «Vai piano, Dio ti protegge» dice San Cristoforo, protettore degli autisti, e il guidatore credente si mette sulla strada più tranquillo. In Iran qualcuno però ha pensato di includere i simboli religiosi in quella che sarà la prima auto islamica ufficiale mai prodotta, e forse la prima vettura religiosa mai realizzata al mondo, se si eccettua la Papa-mobile. «Questa auto sarà prodotta con le tecnologie più recenti, e si confronterà con gli standard planetari quando debutterà su vari mercati nel 2011» ha annunciato Manouchehr Manteghi, presidente della casa automobilistica Iran Khodro.
Oltre a vari optional, l’acquirente potrà richiedere l’installazione di una bussola che indica sempre la direzione della Mecca e di uno scomparto fatto apposta per contenere il Corano.
L’azienda iraniana, che lo scorso anno ha prodotto più di 500mila tra auto e furgoni e ha già partnership importanti come quella con la Renault (per cui produce l’auto low-cost Logan), è stata scelta per guidare il progetto insieme alla Turchia e all’azienda malese Proton, dall’Organizzazione della Conferenza Islamica, la più grande organizzazione internazionale dopo l’Onu, che raccoglie 57 Paesi dislocati in Medio Oriente, Africa, Europa, Asia e Sud America e ha come scopo principale la promozione della solidarietà tra i suoi membri. Ed è proprio nelle nazioni islamiche che si concentrerà il business, anche se Manteghi ci tiene a precisare che “l’auto è in grado di competere non soltanto nei Paesi dell’Islam”, probabilmente anche per il suo prezzo piuttosto appetibile, già fissato tra il 6.000 e gli 8.000 euro.

Articolo tratto da Corriere.it

Esagerazioni o mosse di marketing?!

14 dicembre 2007

Fürher illegittimo


Il mistero del figlio britannico di Hitler

Secondo lo «New Statesman» e il «Times», il Fürher potrebbe aver avuto un figlio da una nobildonna inglese.

Finora ci aveva pensato solo il cinema. Con pellicole come «I ragazzi venuti dal Brasile» (1978) in cui uno spietato dottor Mengele creava dei cloni di Hitler e pianificava la loro storia personale affinchè facessero rivivere anche l'anima del Fürher. Ma stavolta c'è chi azzarda di più. Un articolo apparso sul settimanale «New Statesman» e rilanciato poi dal quotidiano «Times» racconta infatti il mistero del presunto figlio britannico di Hitler. Per i due giornali britannici Unity Mitford, l'aristocratica inglese adorata da Adolf Hitler che la riteneva «un magnifico esemplare di femminilità ariana», potrebbe aver avuto un figlio dal Führer, un figlio che - se l'ipotesi fosse confermata- adesso vivrebbe in Gran Bretagna.
Unity Mitford era una delle sei figlie di Lord Redesdale, (le altre si chiamavano Nancy, Pamela, Diana, Unity, Jessica e Deborah) le aristocratiche sorelle dai destini e le passioni politiche contrastanti (Diana sposò Sir Oswald Mosley, capo dei fascisti inglesi, avendo i coniugi Gobbels come testimoni; Jessica era socialista e pacifista). Ossessionata da Hitler, che apprezzava senza riserve, Unity (che di secondo nome si chiamava Valkyrie) si recò in Germania agli inizi degli anni '30, riuscendo ben presto a incontrare il suo idolo; e divenne così intima del ristretto circolo attorno al Fürher, da essere considerata dai servizi segreti britannici «la più nazista di nazisti». Ma quando la Gran Bretagna dichiarò guerra al Terzo Reich, la Mitford - che aveva tentato in tutti i modi di prevenire la guerra - oppressa dalle visioni sulla catastrofe della civiltà occidentale, si tolse la vita: scelto un luogo simbolico - il «Giardino inglese», a Monaco di Baviera - si sparò un colpo alla testa con una pistola dal manico in madreperla. Era poco più che ventenne e la giovne non morì, ma il suo cervello risultò gravemente danneggiato. Ormai invalida, Unity fu riportata in Gran Bretagna, dove - secondo i libri di storia - fu accudita dalla madre e morì, all'eta di 33 anni, nel 1948.
Ma la storia, secondo il direttore del «New Statesman», Martin Bright, potrebbe aver avuto un epilogo differente. Ad innescare la ricostruzione, una telefonata fatta da una certa Val Hann. «La donna mi raccontò che sua zia Betty Norton durante la guerra gestiva una clinica ostetrica, nell'Oxfordshire, frequentata dalla nobiltà, e che Unity Mitford era stata una delle pazienti. La clinica era tenuta con molta discrezione e lei aveva rivelato solo alla sorella, la madre di Val, che Unity aveva avuto un figlio. E Val, alla domanda su chi fosse il padre del bambino, mi rispose: "Unity raccontava sempre che era di Hitler"». Scettico, ma incuriosito, Bright ha allora deciso di recarsi a Wigginton, in cerca della clinica ostetrica, lo Hill View Cottage: nel villaggio ha incontrato Audrey Smith, all'epoca dei fatti una bimbetta, ma con una sorella (purtroppo deceduta) che lavorava proprio nella clinica e che le aveva parlato di Unity. Audrey raccontò di aver visto Unity, avvolta nelle lenzuola, all'apparenza molto malata, ricoverata nella clinica - raccontò - non per avere un bimbo, ma per un tracollo psicologico. L'ipotesi che Unity avesse avuto un figlio da Hitler non è stata confermata nè dalla sorella, la duchessa del Devonshire, che ha detto di poter mostrare i diari della madre che smentirebbero la tesi, nè dagli autori di un documentario che andrà in onda su Channel 4, «Hitler British Girl» (La ragazza britannica di Hitler), che non è riuscito a trovare prove che la giovane fosse incinta o che avesse avuto una relazione sessuale con Hitler. Scettico anche Richard Evans, docente di storia moderna all'università di Cambridge: «La relazione di Unity Mitford con Hitler era essenzialmente politica», ha confermato. «Lei era una nazista convinta, antisemita e fanatica razzista. E mi preoccupa che un gossip sulla sua vita personale possa distrarre da questi dati».

Articolo tratto da Corriere.it

12 dicembre 2007

Scherzetto


Scherzo via sms: «Presentati nudo»

31enne denunciato in Nuova Zelanda. Una 17enne invia a un amico 31enne un messaggino con la "proposta" indecente e un indirizzo sbagliato.

Uno scherzo sfociato in due denunce. Complice un cellulare, un indirizzo sbagliato e due padroni di casa non proprio favorevoli al nudismo. Tutto è cominciato quando una ragazza di 17 anni, di Almerston North, nell'Isola del Nord della Nuova Zelanda, ha inviato a un suo amico di 31 anni un messaggino sul cellulare: «Regalo di Natale: ti aspetto con un'amica, entra in casa nudo». L'sms non lasciava dubbi. Ma si trattava di uno scherzo. E per di più con, annesso, indirizzo sbagliato.
Secondo il quotidiano locale Manawatu Standard, la ragazza aveva mandato il messaggio promettendo una fantastica serata a tre. L'uomo avrebbe però dovuto presentarsi nudo. Arrivato all'indirizzo, l'ignaro amante si è prontamente tolto tutti i vestiti, li ha appallottolati e gettati dentro la finestra di casa, come richiesto dall'amica, e ha suonato alla porta. Gelida l'accoglienza e impossibile la fuga, visto che i vestiti erano dentro casa. La vicenda si è conclusa con una denuncia per violazione di proprietà privata per il caloroso 31enne, e un'altra per uso improprio del telefono per la ragazzina.

Articolo tratto da Corriere.it

11 dicembre 2007

Allevatore pazzo


Canada, condannato l'allevatore "Willie": dava le prostitute in pasto ai maiali

Ergastolo a Robert "Willie" Pickton ritenuto colpevole per i primi sei dei 26 omicidi di cui è accusato.

Considerato come il peggior serial killer del Canada, l'allevatore di maiali di 58 anni Robert "Willie" Pickton è stato stato riconosciuto colpevole per i primi sei di 26 omicidi di prostitute di cui è accusato. processo per gli altri 20 casi lo attende entro breve tempo.
Il verdetto per Pickton è stato pronunciato da una giuria popolare a New Westminster, nella British Columbia. Il giudizio di colpevolezza è stato però per E unomicidio di secondo grado, e non di primo grado, reato inizialmente contestato all'allevatore. La pena prevista è comunque l'ergastolo, ma con la possibilità in futuro della libertà condizionale.
Pickton è ritenuto l'autore degli omicidi di prostitute e tossicodipendenti di Vancouver, che attirava nella sua fattoria con la promessa di soldi e poi massacrava. Secondo l'accusa, i corpi sono stati macellati e dati in pasto ai maiali o fatti sparire in un impianto di smaltimento di rifiuti. Gli investigatori hanno incastrato Pickton trovando il Dna delle vittime e resti di ossa nella sua fattoria. Ma i difensori dell'uomo hanno sostenuto che l'accusa non ha provato la sua diretta responsabilità negli omicidi e non ha perseguito ipotesi alternative.

Articolo tratto da Corriere.it

06 dicembre 2007

Lavaggio naturale


La lavatrice ecologica che usa le noci ha vinto la quinta edizione dell'Electrolux Design Lab 07
Al posto dei detersivi in polvere inquinanti utilizza il guscio dei semi dell’albero Sapindus mukorossi.

Una lavatrice che lava senza detersivi chimici e usando solo del normale sapone. Un sogno ecologico che potrebbe tradursi in realtà entro pochi anni, ovvero non appena verrà messa in commercio la E-wash, vincitrice della quinta edizione dell’Electrolux Design Lab 07, che come ogni anno premiava la miglior invenzione eco-compatibile ed eco-sostenibile per la casa svedese. Creata dall’ungherese Levente Szabo, che ha incassato anche i 5 mila euro del premio, questa nuova lavatrice «verde» ha una capacità di carico uguale a quelle tradizionali e pari giri di centrifuga, malgrado sia più piccola e compatta, ma anziché le classiche polveri inquinanti che si trovano al supermercato utilizza le «noci lavanti» dell’albero Sapindus mukorossi, il cui potere detergente è noto da millenni in India e Nepal. La loro azione è semplice: il guscio contiene, infatti, una sostanza chiamata saponina che, a contatto con l’acqua, si scioglie e sviluppa un elevato potere detergente, disinfettante e antibatterico. La saponina è contenuta anche nei detersivi industriali, dove però viene mischiata con sostanze chimiche, nocive tanto per l’uomo quanto per l’ambiente. In questo caso, invece, viene usata pura e le noci di sapone vengono inserite in un sacchetto di stoffa posizionato direttamente nel cestello della lavatrice.
Per la verità, le »lavanoci» sono in vendita da tempo anche in Italia e sul web sono numerosi i siti che ne reclamizzano le eccezionali virtù lavanti (un chilo costa circa 20 euro), ma la vera novità sta nel fatto che la E-wash le aggiunge al lavaggio al momento giusto e che ogni pezzo di sapone viene lavato via prima che il ciclo abbia fine. «La E-wash è un brillante mix di antiche credenze e tecnologia», ha sottolineato Henrik Otton di Electrolux, «ed è opera di una persona dalla mente aperta, capace di adattare le soluzioni di una cultura alle conoscenze di un’altra». Come lui stesso ha raccontato, l’inventore della lavatrice verde stava pensando a un modo per tagliare i costi di confezionamento, produzione e trasporto delle tradizionali polveri, quando è stato folgorato dall’idea delle lavanoci. «Un chilo di queste noci di sapone basta per un anno», ha spiegato Levente Szabo, «e poi sono assolutamente innocue e, quindi, ideali per chi è affetto da allergie o problemi alla pelle». Non solo. Le lavanoci eliminano anche l’uso dell’ammorbidente, perché garantiscono panni morbidi e profumati, con un risparmio del 50% rispetto ai tradizionali sistemi di lavaggio usati finora. In attesa che la E-wash arrivi sul mercato, si possono sperimentare le lavanoci con le solite lavatrici: chi lo ha fatto, ne dice meraviglie. Provare per credere.

Articolo tratto da Corriere.it