26 settembre 2007

E alla fine arrivò la repressione violenta


Birmania, scatta la repressione. Tre monaci uccisi, forse 6 i morti
Intorno alle pagode che nei giorni scorsi sono state il motore della rivoltacentinaia di militari in assetto antisommossa. Decine di migliaia in corteo verso la pagoda. Per disperdere la folla usati anche i gas lacrimogeni e gli spari in aria. Un'ottantina i fermatiE questa sera è stata convocata d'urgenza una riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu.

La polizia nella Birmania (la nazione cui la giunta militare ha cambiato nome in Myanmar) ha caricato i manifestanti con i manganelli e ha sparato sulla folla, i proiettili sono volati sopra le teste di monaci e giovani in corteo. Tre religiosi sono stati uccisi e le fonti locali parlano di 6 morti (cinque monaci ed una donna, morti in scontri separati a Rangoon). Almeno 17, secondo l'agenzia Afp, sono stati feriti.

Irene Khan, Segretaria generale di Amnesty International, ha chiesto l'invio immediato a Myanmar di una missione del Consiglio di sicurezza dell'Onu. Mentre, su richiesta del premier britannico Gordon Brown, alle 21 si riunisce d'urgenza il Consiglio di Sicurezza dell'Onu.
Dopo la prima notte di coprifuoco, stamane a Rangoon centinaia di militari e poliziotti in assetto antisommossa hanno preso posizione attorno ad almeno sei grandi monasteri che, nei giorni scorsi, erano stati il motore della rivolta. Le forze dell'ordine hanno isolato la celebre pagoda di Shwedagon, punto focale delle manifestazioni contro la giunta militare al potere da 45 anni in Birmania, picchiando una decina di monaci buddisti, e usando i gas lacrimogeni per disperdere la folla che si era radunata, circa 700 persone.
Tra i manifestanti c'erano molti giovani, a differenza dei giorni precedenti, nei quali in corteo c'erano quasi esclusivamente monaci. Sono state arrestate un'ottantina di persone. Le violenze non hanno fermato comunque le proteste. Circa 500 monaci buddisti, attorniati da una catena umana di sostenitori, hanno ripreso infatti a Rangoon una marcia di protesta contro la giunta militare, diretti alla pagoda Sule, nel centro della città.
La polizia ha cercato di fermarli, ma intanto si sono messi in corteo altri due gruppi di manifestanti. In tutto, nei vari cortei è stato stimato che ci siano al momento decine di migliaia di manifestanti. Dalle forze dell'ordine sono partiti anche alcuni spari verso l'alto. La folla ha gridato più volte a soldati e poliziotti "imbecilli, imbecilli".
Uno dei cortei, seguito da camion militari che trasportano una quarantina di soldati, è diretto verso la residenza di Aung San Suu Kyi, la paladina dei diritti umani, Premio Nobel per la Pace, da anni agli arresti domiciliari nella sua abitazione alla periferia di Yangon.

Il gruppo di monaci in testa a questo corteo ha più volte esortato i manifestanti che li accompagnano a non esporsi alle violenze. "Ci pensiamo noi monaci - hanno detto alla folla - per favore, non seguiteci". E poi, esortando alla non-violenza nei rapporti con i militari, hanno a più riprese aggiunto: "Noi li ricolmeremo di amabile gentilezza". Proteste di piazza anche a Sittwe, città portuale 560 chilometri a ovest di Yangon. Sono circa 15.000 i manifestanti, guidati dai monaci buddisti, scesi finora nelle strade. Nella manifestazione sono presenti anche cittadini musulmani.
Mentre nella notte sono stati arrestati un noto attivista per i diritti civili, Wing Nain, e il più celebre attore locale, Zaganar, che aveva appoggiato apertamente la protesta ed era andato in una pagoda ad offrire acqua e cibo ai monaci. Inoltre nei giorni scorsi Zaganar, intervistato da una radio clandestina, aveva fatto appello perchè la popolazione si unisse alla protesta: "I monaci sono nelle strade, a pregare per noi, mentre noi ce ne stiamo a casa a guardare la tv: è una vergogna", aveva detto. Il governo giapponese ha esortato oggi la giunta militare birmana a "reagire con calma" alle manifestazioni di protesta in corso nel paese.
Una dichiarazione in tal senso è stata fatta dal ministro degli Esteri Masahiko Komura e lo stesso 'numero due' del governo Nobutaka Machimura ha accennato in una conferenza stampa alla situazione in Myanmar, precisando che Tokyo eserciterà tutta l'influenza possibile affinchè la crisi si risolva "in maniera costruttiva". L'appello del Giappone segue quelli di ieri dell'Unione Europea e del presidente degli Stati Uniti George W. Bush. Il coprifuoco imposto dalla giunta militare vige dalla 21:00 alle 05:00 ora locale e rimarrà in vigore per 60 giorni nelle città più importanti. Il provvedimento trasferisce all'esercito il controllo diretto della sicurezza in tutto il Paese e proibisce gli assembramenti e le riunioni di più di cinque persone.

Articolo tratto da Repubblica.it

18 settembre 2007

Le sigarette del Che

Per il quarantesimo anniversario della morte del leader della rivoluzione cubana, a Lima, sono state create delle sigarette commemorative. Si chiamano "el Che", e su ognuna si trova l'effigie del rivoluzionario argentino.

Articolo tratto da Repubblica.it

Per me è un po' triste...


Trovata pubblicitaria divertente...ma non per tutti


Ryanair, burla su Rossi

"Ritorno a casa con Ryanair... e devo solo pagare le tasse" dice Valentino nella pubblicità comparsa oggi sul Messaggero. Ma il campione non ne sapeva nulla e ha messo in azione i suoi legali. La compagnia aerea non commenta.


I guai fiscali di Valentino Rossi sono ormai diventati fonte di ispirazione, più o meno autorizzata a quanto sembra. Se infatti nel nuovo spot di Fastweb in onda sulle tv in questi giorni è lo stesso Rossi a prendersi in giro telefonando da una stalla ("...sono passato dalle stelle alle..."), la pubblicità di Ryanair comparsa oggi sulle pagine del quotidiano Il Messaggero è destinata a far discutere ancor di più.
"Ritorno a casa con Ryanair... e devo solo pagare le tasse!" dice un fumetto sul faccione di Valentino. Un evidente doppio senso che vuole promuovere le tariffe scontatissime della compagnia low cost irlandese, prendendo spunto dalle disavventure con l'Agenzia delle Entrate del campione. Che però ha fatto sapere di non essere a conoscenza della campagna pubblicitaria e di avere già informato i legali per gli eventuali passi da seguire.
Interpellato da Agr, il padre di Valentino, Graziano Rossi, parla di "uno scherzo di pessimo gusto". E Ryanair per ora non risponde, ha affidato la sua replica a un breve comunicato stampa: "La nostra ultima pubblicità sottolinea la popolarità delle tariffe low cost tra i giovani italiani di successo". Comunque vada a finire, l'obiettivo di Ryanair di far parlare di sé sembra abbondantemente raggiunto.

Articolo tratto da Gazzetta.it

Non sarà stata autorizzata ma io la trovo geniale!

14 settembre 2007

Fascisit uguali ai partigiani per la Moratti e la sentenza della Chiesa sui pazienti neurovegetativi


Riabilitare Salò? A Milano Letizia Moratti ci prova ancora


Si dice antifascista, ma vuole oltraggiare chi morì nella lotta di Resistenza. «Scelta coraggiosa» dice il sindaco di Milano Letizia Moratti, ma dedicare il Sacrario ai Caduti di Largo Gemelli a tutti i morti della guerra, partigiani e repubblichini di Salò sta suscitando polemiche. La proposta è stata avanzata dall´assessore ai Servizi Civici Stefano Pillitteri (figlio dell´ex sindaco socialista Paolo Pillitteri) in nome di «un´ottica riconciliativa».
L´Anpi, l´associazione dei partigiani, boccia però l´ipotesi con le parole di Tino Casali, presidente nazionale: «Non si possono mettere insieme le spoglie di chi ha combattuto per la democrazia e chi per il fascismo». Stessa tesi per l´ex segretario della Cgil Antonio Pizzinato, oggi coordinatore di Anpi Lombardia: «Nello stesso luogo non si possono ricordare vittime e carnefici». Se la giunta milanese decide di andare avanti, l´opposizione di centrosinistra non ha dubbi. Secondo il consigliere regionale del Prc Luciano Muhlbauer è un «pessimo segnale» che «lascia francamente esterrefatti». «Non ci potrà mai essere riconciliazione - scrive – con quanti continuano a denigrare gli uomini e le donne che diedero la loro vita per la libertà di noi tutti, mettendo vittime e carnefici, antifascisti e fascisti, sullo stesso piano. Non si tratta di questioni che riguardano il passato, bensì il presente e il futuro».
In questo quadro, la giunta del Comune di Milano ha deciso di tumulare le spoglie di Giovanni Pesce, partigiano morto il 27 luglio a 89 anni, nel Famedio, il Cimitero Monumentale di Milano. La scelta era stata auspicata dal sindaco di Milano, Letizia Moratti, in occasione della cerimonia funebre. Anche qui, ma questa volta nella destra che appoggia il sindaco, non sono mancate le posizioni contrarie.

Articolo tratto da L'Unità.it

Senza parole!!!



«Il paziente in coma è persona da rispettare»
Santa Sede: l'alimentazione, anche forzata, in questi casi «è obbligatoria». Il Vaticano: «Sono dovute le cure, che comprendono la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali»

Anche se in «stato vegetativo permanente», il paziente «è una persona, con la sua dignità umana fondamentale». Lo afferma la Congregazione della Dottrina della Fede in risposta ad un quesito della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, sottolinenado che dunque anche al paziente che si trovi in questa situazione «sono dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali». Tale risposta del dicastero vaticano è stata approvata da Benedetto XVI, nel corso di un'udienza concessa al prefetto, card. William Joseph Levada. E il Papa, precisa il testo, «ne ha ordinato la pubblicazione».
Per il Vaticano quindi i pazienti in coma vanno nutriti e accuditi. «La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, è in linea di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita». Lo afferma sempre la Congregazione della Dottrina della Fede rispondendo a un quesito della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti. Tale somministrazione, spiega il dicastero vaticano, «è quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l'idratazione e il nutrimento del paziente». Secondo l'ex Sant'Uffizio, «in tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute all'inanizione e alla disidratazione».
Nell'affermare che «la somministrazione di cibo e acqua è moralmente obbligatoria in linea di principio», la Congregazione della Dottrina della Fede, spiega una nota di commento diffusa dallo stesso dicastero insieme alle risposte ai quesiti della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, «non esclude che in qualche regione molto isolata o di estrema povertà l'alimentazione e l'idratazione artificiali possano non essere fisicamente possibili». In questi casi, però, precisa la nota vaticana, «sussistono l'obbligo di offrire le cure minimali disponibili e di procurarsi, se possibile, i mezzi necessari per un adeguato sostegno vitale». La Congregazione per la Dottrina della Fede ritiene inoltre lecito interrompere alimentazione e idratazione anche quando «per complicazioni sopraggiunte, il paziente possa non riuscire ad assimilare il cibo e i liquidi, diventando così del tutto inutile la loro somministrazione». Infine, l'interruzione è lecita anche «in qualche raro caso» nel quale «l'alimentazione e l'idratazione artificiali possano comportare per il paziente un'eccessiva gravosità o un rilevante disagio fisico legato, per esempio, a complicanze nell'uso di ausili strumentali». Si tratta, precisa però la nota, di «casi eccezionali» che «nulla tolgono al criterio etico generale, secondo il quale la somministrazione di acqua e cibo, anche quando avvenisse per vie artificiali, rappresenta sempre un mezzo naturale di conservazione della vita e non un trattamento terapeutico». «Il suo uso - conclude la Congregazione - sarà quindi da considerarsi ordinario e proporzionato, anche quando lo stato vegetativo si prolunghi».

Articolo tratto da Corriere.it

Ma non erano contro l'accanimento terapeutico?
Non volevano che Dio e la Natura facessero il loro normale corso?

13 settembre 2007

Deviati razzisti


Ragazza nera torturata da sei bianchi

Violenze e soprusi terribili durati per una settimana. La vittima è una ex-fidanzata di uno degli aguzzini. Anche la madre di lui ha infierito sulla 20enne costretta a mangiare feci di cani.

Non
è stata scelta a caso una ragazza nera rapita, torturata ed umiliata sessualmente da un gruppo di sei bianchi per una settimana in una abitazione isolata in West Virginia. La vittima era una ex-fidanzata di uno dei tormentatori.
Durante la sua traumatica esperienza Megan Williams, 20 anni, è stata torturata a sangue con un coltello, costretta a mangiare feci di animali, stretta al collo con una fune, abusata sessualmente e insultata in continuazione con epiteti razziali. La polizia, che ha liberato sabato la ragazza grazie ad una telefonata anonima, ha scoperto che la vittima aveva avuto in passato una relazione sentimentale con Bobby Brewster, uno dei sei bianchi - tre donne e tre uomini - che l'hanno torturata per una settimana.
La ragazza durante la prigionia è stata costretta a leccare le scarpe dei suoi rapitori e a bere acqua dalla tazza della toilette. Le violenze sessuali sono avvenute sotto la minaccia di coltelli e durante gli abusi la vittima è stata bruciata con acqua bollente. Il gruppo era guidato da Frankie Brewter, 49 an
ni, madre dell'ex-ragazzo della vittima. La donna ha una lunga fedina penale (compresi cinque anni di prigione per omicidio). Quando gli agenti si sono recati alla abitazione, dopo avere ricevuto una telefonata anonima, hanno trovato Frankie Brewter a sedere sotto il portico.
La donna ha detto alla polizia che non c'era nessuno in casa ma poco dopo si è aperta la porta e la vittima è uscita barcollando, con le braccia tese, gli occhi pesti ed evidenti ferite alle gambe, gridando «Aiutatemi!» ai poliziotti. La vittima ha raccontato alla polizia dettagli orribili sulle torture subite dai sei bianchi, compreso l'obbligo a nutrirsi di feci di cani e di ratti. I torturatori le hanno tagliato anche i capelli e l'hanno più volte pugnalata ad una gamba. I sei rapitori - che comprendono coppie madre-figlio e madre-figlia - sono in età tra i 20 ed i 49 anni ed hanno tutti dei precedenti penali (per un totale di 108 incriminazioni).
«Come è possibile che degli esseri umani possano fare quello che è stato fatto a mia figlia?», ha chiesto Carmen Williams, madre della vittima, che è finita in ospedale. La donna ha autorizzato i media americani, che nei casi di abusi sessuali non identificano la vittima, ad usare i loro nomi perchè «questa vicenda deve essere una lezione per tutti». La polizia di Big Creek, una cittadina a circa 50 km da Charleston (West Virginia), ha incriminato i sei bianchi per reati che vanno dal rapimento alla violenza sessuale, dagli abusi fisici ai crimini razziali. La vittima ha raccontato che durante le torture venivano usati in continuazione termini dispregiativi razziali. I sei sono stati incarcerati e il giudice ha fissato una cauzione di 100 mila dollari per ognuno.

I sei aguzzini: dall'alto a sinistra Karen Burton, 46, Alisha Burton, 22, Danny Combs, 20. Sotto Frankie Brewster, 49, Bobby Brewster, 24, George Messer, 27.



Articolo tratto da Corriere.it

Neanche le bestie sono così crudeli e feroci! Che merde!

12 settembre 2007

L'Africa si connette e il peyote sparisce


Cellulari contro la povertà: presto reti di telefonia mobile in 79 villaggi africani


Circa mezzo milione di persone, che le Nazioni Unite definiscono "i più poveri tra i poveri" presto saranno in grado di fare telefonate con i cellulari. Abbattere il digital divide nei paesi economicamente svantaggiati è una priorità che riguarda tutto il mondo industrializzato. Le iniziative sono molteplici e tra queste si inserisce il programma Millennium Villages dell'Onu, che si pone come obiettivo quello di estendere le reti della telefonia mobile in quelle zone che non vengono considerate importanti dalle società telefoniche perché non garantiscono un adeguato ritorno degli investimenti. Parliamo dell'Africa rurale, in particolare di 79 villaggi di 10 regioni africane.
Tutte aree – ha sottolineato l'Onu – dove la denutrizione è cronica ed è spesso accompagnata da malattie (curabili nei Paesi industrializzati), impossibilità di accedere alle cure sanitarie e grave carenza di infrastrutture. L'iniziativa, che vede la collaborazione dell'Earth Institute della Columbia University, è partita nel 2004 a Sauri, in Kenya e prevede che nei prossimi mesi sarà possibile dotare 79 villaggi africani di regioni come il Mali, l' Uganda, il Senegal e l'Etiopia, di reti mobili che potrebbero notevolmente migliorare la qualità della vita degli abitanti di queste aree, che molto spesso non hanno accesso a servizi basilari come l'acqua corrente o l'energia elettrica. Per Jeffery Sachs, consigliere speciale Onu, «il ruolo delle tecnologie mobili si sta notevolmente rafforzando, specialmente nelle aree remote, dove la capacità di comunicare è vitale».
È ormai dimostrato infatti che l'uso delle comunicazioni mobili è un potente traino per la crescita economica: secondo la London Business School , una penetrazione mobile del 10% è in grado di spingere la crescita annuale di un Paese dello 0,6%, dal momento che in molti Paesi in via di sviluppo i cellulari rappresentano l'unica infrastruttura disponibile in grado di migliorare la produttività. Le infrastrutture, così come i pannelli solari per ricaricare i telefoni, sono state fornite gratis da Ericsson Mobile, ma i servizi saranno fatti funzionare ed addebitati agli operatori locali.
Nella maggior parte dei paesi, Ericsson installerà una rete 2G, in grado di maneggiare le chiamate in voce come pure i trasferimenti dati via satellite alla velocità di 200 kilobit al secondo (kbps). «Una rete a banda larga di buona qualità che permette ai portatili di collegarsi ad Internet» spiega Carl-Henric-Henric Svanberg, Ceo di Ericsson ai microfoni della Bbc. Svanberg ha inoltre assicurato che la ditta istallerà presto reti 3G. Gli investimenti nel settore delle telecomunicazioni, secondo i dati dell'Itu (International Telecommunication Union) hanno raggiunto in Africa gli 8 miliardi di dollari nel 2005 contro i 3,5 miliardi del 2000. Le spese hanno riguardato un po' più le reti di telefonia mobile, il cui numero si è moltiplicato per cinque durante lo stesso periodo.
Tuttavia resta ancora molto da fare, rispetto al resto del mondo, per quanto riguarda la copertura internet. Nel 2005 meno del 4% degli Africani aveva accesso alla rete, contro il 9% di media dei Paesi in via di sviluppo. La banda larga non raggiunge l'1% della popolazione. Le lacune delle infrastrutture si traducono con dei costi d'uso più elevati sia per i singoli utenti che per le aziende, il 70% del traffico internet africano passa su reti impiantate fuori dal continente. Senza contare che le moderne tecnologie mobili e wireless dovrebbero garantire l'accesso a internet a banda larga, permettendo di bypassare la necessità di costruire infrastrutture fisse. Il segretario generale dell'Itu, Hamadoun Touré, ha proposto un Piano Marshall per lo sviluppo delle tecnologie di informazione e comunicazione in Africa.
Touré ha ricordato l'obiettivo delle Nazioni Unite è di collegare tutti i villaggi del mondo a internet per il 2015, essenziale per creare le condizioni di uno sviluppo economico più vasto. Per indirizzare le sue azioni, l'Itu organizza per il 29 e 30 ottobre un summit a Kigali su "Connettere l'Africa". Questo importante appuntamento nella capitale del Rwanda chiamerà a raccolta i rappresentanti dei governi, ma anche quelli del settore privato e delle organizzazioni internazionali.La realizzazione di reti mobili nei villaggi più poveri dell'Africa diventerebbe cruciale anche per l'educazione dal momento che non solo i bambini di questi villaggi potrebbero acquisire abilità informatiche, ma anche avere accesso a "un mondo di informazioni". Secondo un rapporto della Banca Mondiale, negli ultimi 25 anni, i Paesi in via di sviluppo hanno visto crescere in maniera considerevole la possibilità di accesso alle tecnologie ICT, soprattutto intese come linee telefoniche.
Tra il 1980 e il 2005, il numero di utenti dei servizi telefonici è cresciuto di oltre 30 volte. Lo sviluppo maggiore si è registrato nell'Europa dell'est e in Asia Centrale, dove dal 2000 al 2004 il numero di linee telefoniche è più che raddoppiato a 730 persone su 1000. Nell'Africa Sub Sahariana, il livello di linee è triplicato ma la percentuale di utenti è ancora molto bassa, a 103 persone su 1000.
Durante lo stesso periodo, la crescita maggiore nel numero di utenti Internet si è registrata nell'aria Medio Oriente – Nord Africa, che ha registrato un +370%. La strada da fare perché l'Icu divenga catalizzatore di crescita e progresso, però, è ancora lunga, dal momento che in quasi la metà dei Paesi del mondo i servizi di linea fissa e Internet sono forniti da monopoli, cosa che rende i costi di tali servizi inaccessibili alla maggior parte della popolazione.

Articolo tratto da IlSole24Ore.com

Forse riusciamo a dare l'opportunità a tutti di entrare nel sistema (giusto o meno che sia questo è un altro discorso)...



Addio al peyote della beat generation: Cactus dei sogni a rischio estinzione
Saccheggiata per decenni, la pianta dello "sballo" sta scomparendo. Cresce in Messico e Usa. E' usata anche dagli indios nelle cerimonie religiose.

Addio al peyote, il cactus magico degli indios del Messico che ha "fatto sognare" generazioni di giovani turisti europei ed americani trascinandoli carponi nella ricerca del frutto tra i sassi della Sierra. Addio a quel minuscolo ciotolo secco e immangiabile che sa di calce e anche alla mescalina di cui è ricco, quella che ha regalato allucinazioni e visioni agli scrittori beat in fuga dal Moloch dell'imperialismo. Addio miraggi. Secondo il Financial Times, che riprende un articolo uscito sull'Universal di Città del Messico, il "Nahuati" (o "Lophophora williamsii", nel suo nome scientifico) sarebbe ormai in via d'estinzione. Un fantasma. Non ci sarebbero - spiega l'articolo - prove concrete della sua prossima estinzione ma fonti accademiche segnalano che è sempre più difficile trovare il cactus nel deserto a nord del paese.
Il peyote è una pianta molto particolare, ci mette trent'anni a crescere e il saccheggio di mezzo secolo l'ha fatta diventare quasi introvabile. Fu infatti negli anni Sessanta che, sulla scia dei libri dell'antropologo Carlos Castaneda - A scuola dallo stregone su tutti - , centinaia di giovani americani, Kerouac compreso, fecero il viaggio nel deserto dal Texas alla scoperta del peyote e delle sue allucinazioni. E, spiegano gli esperti, iniziarono a provocarne la perdita perché invece di tagliare solo la sua corona verde offrendo al cactus la possibilità di rigenerarsi, di solito i turisti strappano tutta la pianta, uccidendola.
Oggi, quel che più preoccupa gli accademici come il professor Pedro Medellin dell'Università di San Luis Potosì non è la riduzione della biodiversità o la perdita del flusso di turisti occidentali a caccia di mondi virtuali ma la difesa della cultura degli huicoles, gli indios che da sempre usano il peyote nelle loro cerimonie religiose. Per loro le allucinazioni sono una forma di comunicazione con gli dei ed ogni anno, una volta all'anno, gli sciamani huicol camminano a piedi anche per 500 km in cerca dei loro cactus. "Vorremmo proteggerlo - dice a l'Universal uno sciamano che si chiama Andrés Carrillo - ma nessuno rispetta il peyote. La prima volta che lo mangiai avevo nove anni e ce n'era tantissimo, oggi è quasi introvabile". Ma la cosa che più lo preoccupa è che senza peyote - dice - i bambini huicol non potranno capire. "Il peyote è un libro, un maestro. Non puoi apprendere se non hai mai mangiato il peyote". L'uso del peyote risale ad oltre duemila anni fa. Insieme alle cerimonie religiose gli indios lo usavano contro il mal di denti, come analgesico, ma sembra che abbia poteri curativi anche per l'asma e i reumatismi. Come la foglia di coca è una pianta sacra, venerata per le sue proprietà. E come con la cocaina siamo stati noi, dopo averla scoperta, a renderla pericolosa, costosa, illegale. E in via d'estinzione.

Articolo tratto da Repubblica.it

Nooooo!!! Adesso Homer come farà a parlare con i coyote?!

10 settembre 2007

Promesse disattese e pubblicità ingannevole


Le marche non tagliano il Co2: appena -0,2% in tutto il 2006

Difficile arrivare a 140 g/km in 2008. E l'analisi dell'autorevole Transport andEnvironment.
Fra l'altro cresce anche in peso: in media 17 Kg l'anno

"I produttori europei di automobili non si stanno dando da fare abbastanza per tagliare le emissioni di co2 dei loro prodotti, restando quindi lontani dall'obiettivo di 140 grammi di anidride carbonica per chilometro percorso da raggiungere a fine 2008". La denuncia è pesante, e arriva dall'autorevole Transport and Environment, gigantesca associazione fondata nel 1989 e con sede a Bruxelles.
"Nel 2006 - spiegano alla T&E - le emissioni delle nuove auto europee sono calate in media solo dello 0,2%, la minor diminuzione annuale mai registrata". Per capirci, questo significa che proprio nell'anno della - teorica - svolta - le emissioni sono diminuite di meno di mezzo grammo di co2 per chilometro, attestandosi a circa 160 g/km. Per non parlare poi di Spagna e Austria dove le emissioni sono addirittura aumentate (dal computo, che comprende tutta l'Ue, sono escluse Romania, Bulgaria e Malta).
La cosa è effettivamente sorprendente perché invece a sentir parlare le case automobilistiche la riduzione sarebbe stata importante e non è un caso che tutti i prototipi presentati da un paio di anni a questa parte puntino molto sulla riduzione di Co2. A questo punto di una cosa si può star certi: dando per scontato che nessuno delle due parti in causa stia mentendo, è evidente che il problema riguarda i prodotti attualmente in vendita. Detto questo c'è da sperare che le cose cambieranno? Almeno a giudicare dai tanti prototipi presentati? Anche qui alla T&E gettano altra benzina sul fuoco: "Con queste premesse - spiegano da Bruxelles - l'associazione europea dei costruttori di automobili, Acea, che riunisce i 13 principali produttori, quasi certamente non risucirà a raggiungere l'obiettivo volontario di risuzione indicato dalla commissione nel 1998. L'obiettivo vincolante annunciato dall'Ue è di arrivare a 120 g/km di Co2 emessa dalle marmitte per il 2012".
Ma non è tutto: "Nei primi 8 anni del loro impegno volontario i produttori auto hanno prodotto auto più grandi, pesanti e succhia-benzina, e i risultati parlano da soli -commenta Aat Peterse, di T&e - negli ultimi mesi, invece, hanno tirato fuori tante denominazioni 'verdi' da poterci riempire un dizionario".
L'atto di accusa non è finito. E già perché per il Transport and Environment "la tendenza dei produttori di auto europei rimane quella di costruire auto sempre più pesanti che tendono a emettere di più e uccidono più pedoni". E fornisce anche dei dati: "il peso medio delle nuove auto realizzate in Europa è cresciuto di 17 chilogrammi nel 2006, arrivando a 1,38 tonnellate".
La notizia, rilanciata anche dal Financial Times, sta ovviamente facendo il giro del mondo, ma per capire chi avrà ragione, purtoppo, occorrerà aspettare almeno un paio di anni. Allora, però, sarà tardi per prendere eventuali provvedimenti.


Articolo tratto da Repubblica.it

07 settembre 2007

"Buongusto"


La "limo" più veloce del mondo è, in realtà, una Ferrari 360 Modena allungata: raggiunge una velocità di 270 km/h, è lunga poco più di 6 metri e ha 8 posti. Noleggiarla costa 700 sterline all'ora (circa 1000 euro), mentre il costo complessivo per realizzarla è di 200.000 sterline (quasi 300.000 euro).


Articolo tratto da Corriere.it

A me sembra proprio una stronzata, della serie "Come ti rovino una macchina/mito"

05 settembre 2007

Il ritorno di Okocha!


Okocha va all'Hull City
"Mi ha guidato Dio"
Dopo aver lasciato il Bolton per il Qatar, il 34enne nigeriano torna in Inghilterra. Tenterà di portare in alto la squadra dello Yorkshire, che detiene un poco invidiabile record: Hull è il centro con più abitanti in Europa (250mila) a non aver mai disputato un campionato di prima divisione

La vicenda serve anche a smentire quelli che pensano che andare a giocare in Qatar significhi fine della carriera. Jay Jay Okocha avrebbe qualcosa da rispondere in merito. Il funambolo nigeriano, che fino all’anno scorso giocava appunto per deliziare gli sceicchi, torna in Inghilterra. Non più al Bolton, dove ha furoreggiato per quattro stagioni, ma all’Hull City, diciottesimo nella League Championship (l’equivalente della nostra B). Il motivo di questa scelta? Semplice. "E’ stato Dio a guidarmi", ha rivelato Jay Jay.
Okocha, cattolico, vestirà la maglia numero 44. "In Qatar mi annoiavo parecchio – ha spiegato il 34enne nigeriano -. Non c’è quasi nessuno a vedere le partite, l’atmosfera non mi piaceva. Anche in Nigeria mi spingevano a cambiare squadra. Così ho fatto. Dio mi ha indicato la strada giusta, e la fede per me viene prima di ogni altra cosa".
Il contratto che legherà Jay Jay alla squadra dello Yorkshire sarà di 10 mesi, con possibilità di proroga per un altro anno. Okocha, tuttavia, dovrà subito affrontare una situazione difficile. L’Hull attualmente è diciottesimo in classifica dopo 4 giornate, staccato di 6 punti dalla vetta. Nonostante un mercato piuttosto dispendioso (l’ultimo acquisto, Caleb Folan dal Wigan, peraltro già infortunato, è costato un milione di sterline), la promozione in Premiership sembra un miraggio. Hull, intesa come città, detiene un poco invidiabile record. E’ infatti il centro con più abitanti in Europa (250mila) a non aver mai raggiunto un campionato di Serie A. Ci proverà dunque Jay Jay Okocha a rompere il tabù. "Io sto bene, e voglio aiutare il club, che ha grandi ambizioni". Se persino il Signore si è scomodato, sarebbe strano il contrario.

Articolo tratto da Gazzetta.it

04 settembre 2007

Simulatore di volo targato Google


Ecco l'uovo di Pasqua di Google Earth: al suo interno un simulatore di volo

Uno studente sudafricano scopre un gioco nascosto e lo racconta sul suo blog.
In pochi giorni la notizia fa il giro del mondo. E su YouTube appare la guida per principianti.

La velocità aumenta e l'aereo corre sulla pista. Un clic sulla tastiera e punta verso l'alto, staccandosi da terra e lasciando l'aeroporto di Sydney, uno dei tanti dai quali si può scegliere di decollare. In basso, ad altissima definizione, si vedono l'oceano e le vie della città.
Se si trattasse di un semplice simulatore di volo, non ci sarebbe nulla di particolarmente innovativo. La novità, invece, c'è eccome: il programma è dentro Google Earth, il software di Google che
permette di visualizzare le immagini della superficie terrestre scattate dal satellite, e soprattutto si tratta di un "uovo di Pasqua", cioè di una sorpresa nascosta dai programmatori.
E da quando un giovane studente sudafricano l'ha scoperto, i blogger stanno impazzendo. La scoperta, a quanto pare, è avvenuta pochi giorni fa. Marco Gallotta, uno studente di origini italiane di Città del Capo, ha digitato una semplice combinazione di tasti mentre utilizzava Google Earth e si è trovato davanti al simulatore di volo.
Il 31 agosto ha raccontato tutto sul suo blog, avviando un tam tam sul web che sta facendo il giro del mondo. La novità è stata inserita nell'ultima versione del software, la 4.2 rilasciata un paio di settimane fa. Per attivarla basta digitare Ctrl Alt A su Windows e Command Option A su Mac.
A questo punto si apre una finestra che consente di scegliere tra due aerei, un caccia F-16 e un aereo ad elica SR22, e tra 27 aeroporti di tutto il mondo.

Per imparare a pilotare serve un po' di pratica, perché i comandi sono piuttosto sensibili. Alla fine però l'esperienza di volo non è male e la qualità delle immagini della superficie terrestre è ottima grazie alle mappe satellitari di cui dispone Google Earth.
Dopo il primo utilizzo, nel menù strumenti compaiono l'opzione per aprire il simulatore di volo e il link a una pagina web con tutti i comandi.
Per chi fosse comunque in difficoltà, un blogger americano ha già pubblicato su YouTube un
minicorso in inglese, che in soli due giorni è stato visualizzato più di 98mila volte.
La nuova versione di Google Earth è stata messa a disposizione degli utenti un paio di settimane fa.
Sin dal lancio, aveva fatto parlare di sé per un'altra trovata innovativa: la modalità Sky, un
ampliamento del programma che consente di esplorare lo spazio profondo grazie a un archivio di più di un milione di foto di stelle e galassie.

Articolo tratto da Repubblica.it