Bettini, trionfo contro tutti. Bis mondiale a Stoccarda.
Capolavoro del campione uscente: scatto ai 15 chilometri con Rebellin e Pozzato, poi nuovo allungo per fare il vuoto. Ai mille metri ci prova Kolobnev, il "Grillo" controlla e scatta al momento giusto. Doppietta come Bugno nel 1992

Contro tutti. In un ambiente dichiaratamente ostile. Paolo Bettini è campione del Mondo per la seconda volta consecutiva dopo il titolo di Salisburgo. Un’impresa vera, quindici anni dopo la doppietta di Gianni Bugno. Di rabbia pura, ma anche di squadra. Al termine di una corsa nervosa che l’Italia ha cercato di controllare dall’inizio.
Le prime parole di Paolo Bettini sul traguardo di Stoccarda: "E' stata una settimana dura. Sono stato accusato in ogni direzione e non so perché. Ho fatto bene a farmi seguire da un legale - ha detto il livornese.
Non è stato facile in quest'ultimo anno, sono stato abituato a penare con dolori più grossi (il riferimento è alla scomparsa del fratello Sauro poco prima del giro di Lombardia, ndr.). Grazie a tutta l'Italia". Gli azzurri tornano a festeggiare un titolo Mondiale in Germania a più d'un anno dalla finale di calcio con la Francia. Una vittoria sentita, come e più di quella dei ragazzi di Marcello Lippi. "Il ciclismo è uno sport duro, di fatica. Non potevo che rispondere con una vittoria come questa. Ma si poteva vincere solo con una squadra grande, molto cattiva, con un grandissimo gioco d'insieme che è la cosa che fa la differenza in nazionale".
La gara si accende al quinto giro, il punto in cui Ballerini aveva programmato il primo strattone per fare selezione. Tonti e Bertolini allungano chiudendo sui tre battistrada della prima ora (Auge, Perez Arango e Kolasnikov). La corsa si spacca. In 42 provano a scappare lungo la salita del Birkenkopf. Italia e Spagna si marcano a vicenda con quattro azzurri (Cunego, Tosatto, Bruseghin e Bertolini) e tre iberici (Flecha, Barredo e Sastre) in fuga, tra gli altri, insieme a Voigt, Hushovd, Hincapie e l’ucraino Podgornyy.
Ci sono troppi uomini pericolosi per non aspettarsi una reazione di Olanda e Germania, che annullano la fuga alla fine del sesto giro. Resta allo scoperto Ruslan Podgornyy, ma è solo. La seconda stoccata azzurra nasce all’ottavo giro. Bertolini, uno dei più brillanti, mette in fila il gruppo, se ne vanno anche Ballan e Cunego con Barredo, Flecha, Sanchez Gonzalez, Gilbert, Voigt, Van Summeren, Gesink, V.Efimkin e l’americano Hincapie.
Il lavoro di Bertolini è straordinario, ma c’è poca collaborazione e il gruppo torna compatto poco dopo una “tirata” di Tonti (forse ordinata da Ballerini per staccare qualche uomo di punta in difficoltà). La media sale, con due giri oltre i 41 di media, con l’Italia sempre al comando della corsa. Ma sono tutti insieme. Prima dei fuochi d’artificio degli ultimi 30 chilometri.
Sulla salita dell’Herdweg l’azione di Rebellin e Kolobnev costringe la Spagna a muoversi. Chiuso a 42 di media il tredicesimo giro, gli azzurri si tengono al coperto fino a quando Wegmann e Boogerd non raggiungono l’italiano e il russo sull’ultima ascesa dell’Herdweg. E’ il momento chiave.Bettini e Pozzato, insieme a Rebellin, restano nel gruppo dei quindici uomini che si gioca il Mondiale. Ai meno dieci si sgancia un terzetto, con il detentore del titolo accompagnato da Frank Schleck (Lussemburgo) e Stefan Schumacher, temutissimo padrone di casa. Più indietro Rebellin e Pozzato spezzano i cambi degli spagnoli, ormai tagliati fuori. Ai tre di aggiungono con uno sforzo incredibile Evans e Kolobnev. Gli ultimi 2400 metri sono in salita. Lo sprint a cinque premia Paolo Bettini, davanti al russo Kolobnev e al tedesco Schumacher. Ancora iridato come Gianni Bugno nel 1991. Sempre a Stoccarda. Una risposta da campione vero a una settimana di veleni. Il più forte è ancora lui.
Italia campione d'Europa!
Splendida impresa delle azzurre, che in finale travolgono 3-0 la Serbia e chiudono imbattute un torneo dominato: primo titolo continentale per l'Italia femminile

L’Italia di Massimo Barbolini è campione d’Europa per la prima volta nella sua storia, con l’8ª vittoria in 8 match. Un successo schiacciante, nettissimo, 5 anni dopo la vittoria al Mondiale. La Serbia è letteralmente schiantata (3-0, parziali 26-24 25-18 25-21) in una finale incerta solo nel primo set.
L’Italia parte male. Le battute serbe mettono in crisi la ricezione azzurra, il gioco è per forza di cose più scontato, così le muratrici di Terzic hanno vita facile. Le italiane vanno in crisi: Barbolini chiama un primo timeout e poi un altro per cercare di mettere un po’ d’ordine. Invita le ragazze alla calma, ad aspettare, a non farsi prendere dall’ansia. A giocare sulle mani: sul 12-14 decide il cambio: entra Manuela Secolo ed esce Serena Ortolani. L’Italia non si riprende subito, resta in apnea. La Serbia sembra sicura di poter chiudere il set, ma sul 20-23 va in battuta la Barazza, una serie di 4 servizi velenosi manda in tilt la ricezione della Serbia. L’Italia si aiuta con la difesa e il muro e compie l’impresa: sorpasso 24-23. Quello che la Serbia aveva fatto con la Polonia in semifinale adesso lo subisce, anche dal punto di vista mentale. E’ il momento decisivo di tutta la gara. Spasojevic e compagne sono in affanno, annullano una prima palla set, ma non la seconda. Tai Aguero è in battuta, ci pensa qualche secondo prima di effettuare il servizio, è come se volesse trasmettere un fluido magico alla palla. Forse ce la fa: centra la Spasojevic che deraglia e butta la palla in tribuna.
L’Italia vince il primo set e mette un’ipoteca sul match. La Serbia accusa il colpo. Barbolini ovviamente conferma la Secolo in campo e l’Italia con questo modulo è quella che vince. Ancora con le battute le azzurre seminano scompiglio nella ricezione avversaria. La Serbia ha un sussulto riemerge – momentaneamente dall’8-3 all’8-6 grazie ai colpi della Nikolic, ma se l’Italia non si era fatta intimidire anche sotto di 5 punti, certo non si fa angosciare quando è in vantaggio. Le italiane si tranquillizzano e riprendono il lavoro interrotto: Secolo, Del Core e ancora una volta Barazza, mettono angoscia alla Serbia che orami è in balia delle azzurre. Solo un anno fa la squadra di Belgrado aveva strappato all’Italia il bronzo al Mondiale, in una finale senza storia. Adesso le parti si sono invertite. A turno ognuna delle azzurre fa giocate importanti e a loro modo decisive: Cardullo in difesa (memorabile uno striscione che la riguarda, 2a linea reparto di Cardulogia), Gioli a muro, Aguero in attacco. La Serbia ci riprova, non vuole arrendersi, resta attaccata al set. Ma dopo il 20° punto l’Italia fa lo strappo, che si rivela decisivo. Campionesse d’Europa.
Articoli tratti da Gazzetta.it
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