Tibet, «centinaia i morti». Scaduto l'ultimatum di Pechino
Scaduto alla mezzanotte di lunedì, le 17 in Italia, l'ultimatum imposto dalle autorità cinesi agli abitanti di Lhasa, capitale del Tibet. Si chiedeva la totale fine alle proteste. Pechino chiedeva anche la resa, cioè che vuole che tutti coloro che in questi giorni hanno protestato si consegnassero senza condizioni alle autorità cinesi, in cambio di provvedimenti «clementi». I soldati, membri della Polizia armata del popolo, hanno già cominciato a schierarsi sulle arterie principali di Lhasa, sui tetti e attorno agli edifici principali della città. Secondo il governo tibetano in esilio, «le grandi manifestazioni iniziate il 10 marzo a Lhasa e in altre regioni del Tibet hanno portato alla morte di centinaia di persone». Per questo, dopo l’appello del Dalai Lama, che domenica ha denunciato il «genocidio culturale» che da decenni affligge il Tibet e ha chiesto l’intervento delle organizzazioni internazionali, ora il parlamento tibetano torna a supplicare «l'attenzione delle Nazioni Unite e della comunità internazionale». Per il governo cinese, invece, i morti di questi giorni sono solo 13. Ammettono che siano «civili innocenti», ma non accennano a superare questa ridicola cifra né confessano di aver «aperto il fuoco». Da Pechino, il presidente cinese della regione autonoma del Tibet, Qianba Puncog, in una conferenza stampa alla presenza di giornalisti stranieri, ha assicurato che la polizia e l'esercito venerdì scorso «non hanno fatto uso di armi» nella repressione delle manifestazioni. Le vittime, secondo Pechino, sono 13 , tutti «civili innocenti» bruciati vivi o accoltellati dai rivoltosi. E Puncog afferma che qualsiasi attacco a edifici pubblici e privati sarà represso duramente dalle autorità cinesi del Tibet alle quali spetta «la responsabilità della sicurezza». Pechino sta cercando di dare dei dimostranti l'immagine di una minoranza «medievale» e «barbarica» che cerca di minare la modernizzazione del paese.Intanto, la protesta si allarga: in Nepal, a Katmandu, un centinaio di rifugiati tibetani hanno manifestato nei pressi della rappresentanza delle Nazioni Unite e delle ambasciate cinesi: la polizia li ha caricati ed ha arrestato una trentina di persone. Tra loro ci sono anche alcuni monaci. La Cina ha condannato gli episodi. In serata c'è stata anche una protesta silenziosa di un gruppo di studenti tibetani dell'università per stranieri di Pechino. Gli studenti hanno organizzato una veglia con candele. Alle 23 e30, poco prima dello scadere dell'ultimatum a Lhasa, un professore è riuscito a convincerli a rientrare nei dormitori.
Articolo tratto da L'Unità.it
Storia del Tibet
Le notizie sull'origine del popolo tibetano sono poche ed incerte. Sembra, comunque, discendere dalle tribù nomadi guerriere Qiang che, secondo documenti cinesi, già dal II secolo AC attaccavano i confini del potente Impero Cinese. Tuttavia, prima del VII secolo, non vi sono evidenze di presenza di un popolo politicamente compatto. Molti miti bön, poi ripresi dal buddhismo tibetano, parlano dell'origine del Tibet e del suo popolo. Uno di questi fa risalire l'origine del popolo tibetano all'unione tra una scimmia ed un'orchessa che ebbero sei figli, considerati gli antenati delle principali sei tribù tibetane. La scimmia è considerata dal buddhismo tibetano una manifestazione di Chenresing (Avalokiteśvara), il Bodhisattva della pietà.
Un mito sulla creazione narra che il vuoto fu riempito dal vento, poi da una pioggia torrenziale. La pioggia, dopo avere formato un oceano primordiale, cessò. Il vento, invece continuava fortissimo e agitò le acque a tal punto che si raddensarono come il burro dal latte. Un'altra leggenda narra che il primo principe tibetano scese dal cielo dal quale si calò per mezzo di una corda. Storicamente, tribù affini ai birmani, si stanziarono nell'altopiano dell'Himalaya tra il 700 a.C. ed il 400 a.C., dando origine a feudi attorno al 320 a.C. ed al primo regno tibetano nel 127 a.C. (data di partenza del calendario tibetano). In quell'anno il Tibet venne unificato dal sovrano Nyatri Tsenpo (163 a.C. - 101 a.C.). La monarchia durò per 40 generazioni. La religione diffusa sul territorio era il Bön, accanto ad altre credenze minori. Tale regno s'ingrandì progressivamente, divenendo sempre più potente. Il Buddismo, nella sua forma di lamaismo arrivò in Tibet nel 333 d.C. grazie all'opera del re Lha Toto Ri Gniendzen (284 d.C. - 363 d.C.). Già attorno al 400 d.C. il regno tibetano era in grado di poter inviare ambascerie in Cina. La storia propriamente conosciuta e documentabile del Tibet inizia con il re Srong-Tsen Ganpo (Srongstan Gampo), il primo a convertirsi al buddismo nel 617 d.C.. Il re Srongstan Gampo (598 d.C. - 650 d.C.) unificò il Tibet in un singolo Paese comprendendo tutti i territori in cui il tibetano era parlato. Nel 653 d.C. venne aperta la prima scuola teologica tibetana, da cui prese origine, nel 690 d.C., l'attuale alfabeto tibetano ed iniziò a prendere corpo la cultura tibetana. Una volta introdotto il Buddismo esso fu assunto come religione ufficiale (751 d.C.). Tra il 7° e il 10° secolo l' impero Tibetano raggiungeva il suo apogeo e si estendeva nel territorio cinese e di altri paesi dell'Asia Centrale sotto re Trisong Detsen (755 d.C. - 804 d.C.). Il primo monastero in Tibet fu costruito a Samye nel 758 d.C.. Nel 763 d.C. l' esercito tibetano si impadronì della Capitale Cinese (Ch' ang-an, oggi Xian). Un trattato di pace fu concluso con la Cina nell' 821 d.C. e nell' 822 d.C. il testo del trattato fu iscritto su colonne che possono ancora essere viste in tre luoghi: uno all' esterno del palazzo imperiale di Ch' ang-an; un altro di fronte al portone principale del tempio di Jokhang nella capitale del Tibet, Lhasa; ed il terzo sul confine cino-tibetano sul Monte Gugu Meru. In esso si legge che "...Tutto l'oriente spetta alla grande Cina, mentre tutto l'occidente è di proprietà del grande Tibet". L'impero tibetano crebbe ulteriormente in potenza mentre la Cina iniziava a ridimensionarsi come stato egemone dell'Asia Orientale. L'ultimo grande sovrano di questo periodo aureo fu Ralpachen (815 d.C. - 836 d.C.).
Dal VII al X secolo il Tibet era costituito da un forte impero. L'impero iniziò il suo declino in modo rapido. Tra l' 824 d.C. ed il 1247 l' intero Impero Tibetano collassò, in seguito all' assassinio del re Tri Wudum Tsen (821 d.C. - 841 d.C.), popolarmente ricordato come Lhang Dharma per la sua persecuzione contro i buddisti, persecuzione che innescò una guerra civile. Il possente impero tibetano si frantumò in piccoli principati ed un periodo oscuro iniziò per il Tibet. Durante questa fase i contatti tra Tibet e i paesi confinanti (Cina compresa) divennero minimi. In questo periodo iniziarono i pellegrinaggi dei buddisti cinesi in Tibet ed in India, ed - attorno al 1210 - in Europa pervennero le prime notizie, spesso fantastiche, circa l'altopiano tibetano. La società, nel periodo imperiale, prevedeva tre tipi di proprietà: quella della nobiltà, quella del clero buddhista e quella libera. Questa forma di società continuò per un millennio, fino, cioè, all'invasione cinese del Tibet del 1950. Gengis Khan (1167 - 1227), da poco eletto capo dei Mongoli e buddista egli stesso, iniziò le campagne militari contro la Cina ed il Tibet a partire dal 1206. Dal XIII secolo, pertanto, il Tibet era annesso all'Impero Mongolo come stato vassallo. I Mongoli, invasero il Tibet nel 1207 e la Cina nel 1216, completandone l'annessione nel 1279. Tra il 1247 ed il 1350 una successione di venti Sakya Lamas governarono il Tibet, ma erano praticamente dei sovrani - fantoccio. Questo è il periodo in cui Tibet e Cina si trovano sotto lo stesso sistema politico assoggettato al governo dei mongoli. I Tibetani furono in grado di liberarsi dai mongoli nel 1358, quando Phagma Drupa (1324 - 1376) si sostituì al regime Sakya. I Cinesi fecero lo stesso dopo una decina di anni, nel 1368 quando essi riuscirono ad espellere i Mongoli dando inizio alla loro dinastia Ming (1368 - 1644). A seguito di questa annessione, l'attuale Repubblica Popolare Cinese rivendica il territorio tibetano come parte della Cina, pertanto reclama la legittimità dell'annessione del Tibet. Alcune critiche rivolte alla Cina replicano che sarebbe come se l'India rivendicasse diritti nei confronti di Myanmar (ex Birmania) in quanto in passato appartenenti entrambe all'impero coloniale britannico. In realtà i Mongoli annetterono il Tibet prima di conquistare la Cina e il loro dominio cessò quando questi persero potere nel paese. I Mongoli lasciarono il comando alla scuola di buddhismo Sa-Skya. Seguì un interregno nel quale dominarono dinastie secolari. I Mongoli tornarono ad invadere il Tibet all'inizio del XVI secolo, restituendo il potere alla massima autorità religiosa, il Dalai Lama. Nel 1642 l’esercito mongolo di Gusri Khan (1606 - 1655) intervenne in Tibet ed impose ai tibetani il governo temporale di un lama della scuola Gelugpa che chiamò Dalai Lama, allora già alla quinta incarnazione (il Dalai Lama è considerato un’emanazione di Avalokitesvara, la divinità della compassione universale che protegge il Tibet). Nel 1642 il grande quinto Dalai Lama, Ngawang Lobsang Gyatso (1617 - 1682), assunse il potere spirituale e temporale sul Tibet. Egli istituì l' attuale sistema di Governo Tibetano, conosciuto come Gaden Phodrang, abbattuto nel 1950 dai cinesi. Il suo regno fu florido, ma, alla sua morte, ricominciarono congiure ed intrighi ed il paese ripiombò nell'anarchia. Nel 1720 i Manciù che dominavano la Cina, si intromisero nelle questioni Tibetane inviando truppe per scortare il giovane settimo Dalai Lama, nato nel Tibet orientale a Lhasa. Quando le truppe Manciù abbandonarono Lhasa, lasciarono indietro un residente (o Amban) ufficialmente per rimanere a disposizione del Dalai Lama, ma in effetti per proteggere i loro propri interessi. Questo fu l' inizio della interferenza Manciù negli affari Tibetani. Quando i Tibetani si ribellarono contro i Cinesi nel 1750 e uccisero l'amban, l'esercito cinese entrò nel paese e ne nominò il successore. Un intervento Manciù in Tibet si verificò ancora nel 1790 quando i rappresentanti (Ambans) dell' Imperatore Manciù si trasferirono a Lhasa e tentarono di impegnarsi in indicibili intrighi per intromettersi negli affari Tibetani. Nel 1856 un trattato stabilì i confini tra Tibet e Nepal e l'accordo fu stipulato dai cinesi per il Tibet e dagli inglesi per il Nepal. I Manciù ottennero un controllo nominale sul Tibet Orientale durante questo periodo che terminò nel 1865 quando i Tibetani ripresero possesso dei territori perduti. All'inizio del XVIII secolo, la Cina ottenne il diritto di avere un commissario residente chiamato amban a Lhasa. Ma il Tibet versava sotto una specie di protettorato allora, pur essendo nominalmente indipendente, quindi non come oggigiorno, dove il Tibet è stato annesso di fatto alla Cina.
XX secolo e storia contemporanea
Nel 1904 la Gran Bretagna spedì forze militari indiane, al comando di Sir Francis Younghusband (1863 - 1942) per sanare una controversia confinaria, che di fatto significò l'occupazione militare del Tibet, anche a seguito dell'interesse per il Tibet manifestato dallo Zar di Russia. Si costrinse il Tibet ad aprire il confine all'India britannica ed ad allentare i suoi vincoli con la Cina. I britannici cercarono di trattare con il Tibet, ma non riuscendoci a causa dell'opposizione cinese dei manchu, nel 1906 firmarono un accordo con il quale riconoscevano l'autorità della Cina sul Tibet . Nel 1910 i manchu che governavano la Cina, invasero il Tibet e costrinsero il Dalai Lama a fuggire in India dagli inglesi fino al 1913, dopo che in Cina scoppiò la rivoluzione. L' interferenza Manciù cessò nel 1912. I Tibetani espulsero tutte le truppe cinesi e manciù da Lhasa e da altri centri del Tibet. Il tredicesimo Dalai Lama riaffermò l' indipendenza del Tibet mediante una specifica dichiarazione nel 1913. Nel 1913 Tibet e Mongolia firmarono nella capitale mongola Urga (attuale Ulan Bator) un trattato proclamando la loro reciproca indipendenza dalla Cina ("Trattato di Urga"). Nel 1914 venne negoziato in India un ulteriore trattato tra il Tibet, la Cina e la Gran Bretagna (la Convenzione di Simla) per definire confini e sovranità. Questo trattato era molto favorevole ai Britannici, per questo motivo i Cinesi non lo firmarono. Essi non riconobbero mai questo trattato, per questo motivo rivendicano, ad oggi, il territorio indiano del Arunchal Pradesh. I confini seguivano una linea ("Linea McMahon") tracciata dall'allora negoziatore britannico, Sir Henry McMahon (1862 - 1949). L'indipendenza tibetana è confermata dal trattato di Simla (3 Luglio 1914) che fu concluso tra il Tibet e l' India Britannica. La Prima guerra mondiale e la guerra civile cinese causarono impoverimento della Cina ed i cinesi accantonarono provvisoriamente il loro interesse sul Tibet, facendo sì che Thubten Gyatso (XIII Dalai Lama, 1876 - 1933) governasse indisturbato sul territorio reclamato oggi dal Governo tibetano in esilio, ad eccezione della regione del Amdo (Qinghai dove gli Hui, che controllavano i territori vicini nello Xining, cercavano di esercitare il proprio potere. Per un trentennio il Tibet si mantenne equidistante da tutte le potenze, tanto da permettere ad una spedizione pseudoscientifica del Terzo Reich, nel 1938 di cercare il fantomatico regno di Xambala (o Shambala, un regno sotterraneo centroasiatico la cui capitale Agarti era governata da saggi rappresentanti della razza ariana. Nel 1942, nel corso della seconda guerra mondiale, la strada di rifornimento tra India e Cina via Burma fu interrotta dai Giapponesi. Il Governo inglese richiese al Governo del Tibet il permesso di aprire una via militare per i rifornimenti attraverso Zayul (Tibet Nord orientale) che venne rifiutata dal Governo Tibetano.
Il tibet storico aveva una superficie quasi doppia rispetto a quella della regione autonoma locale. Con 3,8 milioni di chilometri quadrati di superficie, quanto l'Europa occidentale, il Tibet storico occupa un terzo della Repubblica popolare Cinese, ma i suoi sei milioni di abitanti sono appena lo 0,5 per cento dei cinesi. Questa immensa regione di montagne e altipiani ha sempre attirato gli appetiti dei vicini per la sua posizione strategica (fra Cina e India), perché controlla riserve d'acqua vitali per tutto il continente (lo Yangze, il Fiume Giallo, il Mekong, l'Indo, il Brahmaputra nascono qui), e giacimenti di minerali preziosi dall'oro all'uranio. Le mire coloniali della Cina sul Tibet sono una costante nella storia, che non varia con i regimi politici: l'indipendenza del Tibet, i cui abitanti sono affini ai birmani e non parlano, pertanto, il cinese, e la cui capitale Lhasa non condivide affatto la storia delle altre città della Cina, non venne accettata dalla Cina repubblicana, che dopo il 1911 prese il posto della dinastia mancese (1644 - 1911), l'ultima delle dinastie imperiali. Il fondatore della repubblica nazionalista di Cina, Sun Yat Sen (1866 - 1925) non solo non ammise la secessione della Mongolia, del Tibet e del Tannu Tuva, ma si propose di riconquistare tutti i territori storicamente appartenuti alla Cina, vale a dire la Corea, il Viet Nam settentrionale, l'isola si Sakhalin, i territori settentrionali di India e Pakistan (l'India venne costretta a rinunciare ai monti Kun Lun ed alle Soda Plains nel 1962, ed il Pakistan ai contrafforti himalayani nel 1963), il Nepal, il Sikkim, il Bhutan, la regione del Wakkan (Afghanistan), la regione russa dei fiumi Ussuri ed Amur, le regioni settentrionali della Birmania e del Laos (i territori Shan), nonchè quelle orientali del Tagikistan, dell'Uzbekistan, del Turkmenistan, del Kazakhistan e del Kirghizistan. Il 13° Dalai Lama, predecessore dell'attuale, nel 1931 lanciò un ammonimento: "Dobbiamo essere pronti a difenderci altrimenti le nostre tradizioni spirituali e culturali saranno sradicate. Perfino i nomi dei Dalai e Panchen Lama saranno cancellati. I monasteri verranno saccheggiati e distrutti, monaci e monache uccisi o scacciati, diventeremo schiavi dei nostri conquistatori, ridotti a vagabondare senza speranza come mendicanti". Nel periodo tra il 1918 ed il 1949 il caos dominava la Cina, con una guerra civile sanguinosa tra i nazionalisti del Guomindang (allora al potere) ed i comunisti di Mao Ze Dong (1893 - 1976), in concomitanza con l'aggressione nipponica del 1931 - 1945. La vittoria di Mao, nel 1949, e la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese il 1° Ottobre di quell'anno, fecero tornare alla ribalta la questione dei "Territori separati dalla madrepatria". Durante il discorso del 1° Ottobre, Mao citò, appunto, uno ad uno i territori che sarebbero stati ricondotti alla Cina: l'isola di Hainan (occupata tra il Marzo ed il Maggio del 1950), l'isola di Taiwan, le isole Pescadores, Spratley, Quemoy, Matsu, la regione indiana dell'Aksai Chin (Ladakh, conquistato nella guerra del 1962), la regione indiana del North East Frontier Agency (N.E.F.A., regione dell'alto corso del fiume Brahmaputra) ed, appunto il Tibet. Già il 1º Gennaio 1950 Radio Pechino annunciò per il Tibet l'imminente "liberazione dal giogo dell'imperialismo britannico" (la limitata influenza britannica in realtà era finita con la Seconda guerra mondiale e l'indipendenza dell'India, nel 1947). Manipolati dagli emissari di Mao, il Dalai Lama e il Panchen Lama, allora adolescenti, accettano di firmare messaggi in cui chiedevano l'intervento della Cina per proteggere il Tibet da non meglio specificate "potenze straniere nemiche". La Guerra di Corea, scoppiata all'alba di Domenica 25 Giugno 1950, e l'intervento americano a sostegno della Corea del Sud attaccata dalla comunista Corea del Nord di Kim Il Sung (1912 - 1994), dette alla Cina l'occasione sperata per poter occupare il Tibet. Distolta dai fatti di Corea, l'opinione pubblica mondiale venne colta di sorpresa allorchè Il 7 Ottobre 1950 quarantamila soldati dell'Esercito di liberazione popolare attraversarono il corso superiore dello Yangtze e dilagarono in tutto il Tibet occidentale uccidendo ottomila dei suoi soldati e senza praticamente incontrare resistenze di sorta. Una settimana dopo l'attuale Dalai Lama, Tenzin Gyatso (1935 - vivente) viene dichiarato maggiorenne e diventa sovrano del Tibet a tutti gli effetti. Nel 1950 l'Esercito di Liberazione Popolare entrò in Tibet frantumando l'esercito tibetano, quasi esclusivamente cerimoniale ed impedendo, di fatto, al Dalai Lama di governare. Il Tibet, membro fondatore dell'ONU e non allineato con alcuna superpotenza, divenne una preda facile. L'Europa trattò l'invasione come una questione interna cinese (del resto, allora, la Repubblica Popolare Cinese non era diplomaticamente riconosciuta dagli Stati Uniti e dall'Europa Occidentale)e l'America già duramente impegnata contro le truppe cinesi (i cinesi accorsero in aiuto alla Corea del Nord appena due settimane dopo aver invaso il Tibet, il 19 Ottobre 1950) a difendere la Corea, non osò sfidare Mao. Sadar Vallabhai Patel (1875 - 1950), il Vice Primo Ministro dell' India di allora così si espresse "La recente e amara vicenda (l' invasione cinese del Tibet) ci dice anche che il comunismo non è uno scudo contro l' imperialismo e che i comunisti sono buoni o cattivi imperialisti come tutti. Le ambizioni cinesi sotto questo aspetto non riguardano solo i fianchi Himalayani dalla nostra parte ma includono anche importanti parti dell' Assam. Hanno anche ambizioni sul Burma". Anche il Dr. Rama Manohar Lohia (1910 - 1967), leader comunista indiano, dopo aver fortemente condannato la violazione, così si espresse, "Il Governo Cinese invadendo il Tibet ha portato offesa non solo contro il senso morale internazionale, ma anche contro gli interessi dell' India: il Tibet rappresenta il palmo della mano ed ora la Cina vuole pure le dita, ovvero Nepal, Bhutan, Sikkim ed i territori indiani ad riente ed ad occidente della Linea McMahon" . Ma, proteste a parte, negli annali delle Nazioni Unite, a quella data, l'unico Paese che sollevò la questione fu il Salvador. Inizialmente le truppe d'occupazione seguirono istruzioni astute per accattivarsi la popolazione locale: non si abbandonarono a saccheggi e violenze, corteggiarono il consenso della nobiltà e del clero buddista. Il 17 Novembre 1950 il XIV° Dalai Lama (l'attuale Dalai Lama in esilio) assunse i pieni poteri spirituali e temporali come Capo dello Stato, nonostante avesse appena compiuto il sedicesimo anno. Il 23 Maggio 1951 una delegazione tibetana, che era andata a Pechino per discutere sull' invasione fu obbligata a firmare il cosiddetto "Accordo dei 17 punti" sulle misure per una pacifica liberazione del Tibet sotto minaccia di un aumento di azioni militari in Tibet. Dopo di allora la Cina usò questo documento per attuare il suo piano di trasformare il Tibet in una colonia cinese senza tenere alcun conto della forte resistenza da parte del popolo Tibetano. Il trattato del 1951 venne firmato non come un vero e proprio trattato di pace, ma come diktat sotto la pressione cinese. Il Tibet doveva rinunciare, tra l'altro, ad una politica estera autonoma, a batter moneta, a stampare francobolli. Poiché alcune riforme del nuovo governo, tra le quali quella di una redistribuzione delle terre, sarebbero risultate impopolari, queste vennero proposte solo nelle regioni più periferiche del Kham orientale e nell'Amdo. Nel 1954 il Dalai Lama e il Panchen Lama invitati a Pechino, vennero da Mao e dagli altri leader comunisti sedotti, e solo alla fine del loro soggiorno questi ultimi gettarono la maschera accusando il buddismo di essere un "veleno". Tornati in patria i due giovani leader religiosi scoprirono che lontano da Lhasa, nelle provincie di Amdo e Kham, le milizie comuniste avevano già cominciato a svuotare i monasteri ed a perseguitare il clero buddista. Repressione e arresti di massa scatenarono nel 1955 le prime fiammate di insurrezione armata, a cui partecipano i monaci buddisti. A quel punto, gli Stati Uniti, che avevano già combattuto direttamente contro i cinesi in Corea prese l'iniziativa, e la CIA venne incaricata di addestrare la resistenza tibetana. L'aiuto verrà interrotto un quindicennio dopo da Richard Nixon (1913 - 1994) e da Henry Kissinger (1923 - vivente), nel 1971 dopo il disgelo con la Cina al fine di trovare una via d'uscita alla Guerra del Viet Nam. Nel 1956 i cinesi scatenarono una delle sue offensive più sanguinose, con 150.000 soldati e bombardamenti a tappeto. Qui, nel 1959, con il supporto della CIA, venne organizzata una rivolta che venne stroncata provocando decine di migliaia di morti. Approffittando dei dissidi in seno al Partito comunista cinese in seguito alla fallimentare tragica esperienza del Grande balzo in avanti, il 10 Marzo 1959, il movimento di resistenza tibetano, ormai esteso a tutto il paese, culminò con una sollevazione nazionale contro i Cinesi che la repressero con forza spietata. Migliaia di uomini, donne e bambini vennero massacrati nelle strade di Lhasa e in altri luoghi. Il 17 Marzo 1959 il Dalai Lama abbandonò Lhasa per cercare asilo politico in India. Egli fu seguito da oltre 80.000 profughi Tibetani. Mai prima nella loro lunga storia tanti Tibetani sono stati costretti a lasciare lo loro patria in circostanze così difficili. Oggi ci sono circa 130.000 profughi Tibetani dispersi in tutto il mondo. La sollevazione si stima abbia comportato una strage di almeno 65.000 persone. Tenzin Gyatso (XIV Dalai Lama) e altri funzionari del governo si esiliarono a Dharamsala in India, ma sparuti gruppi di resistenza continuarono la lotta in patria fino al 1969. Più volte Zhou Enlai (1898 - 1976) chiese all'India l'estradizione del Dalai Lama. Nel 1965 venne creata la Regione Autonoma del Tibet, in pratica l'intero paese venne annesso alla Cina de facto, come annunciò l'allora presidente della Repubblica Popolare, Liu Shaoqi (1898 - 1969). Il biennio 1966 - 1968 fu tragico per il Tibet. Durante la Grande rivoluzione culturale, i cinesi organizzarono campagne di vandalismo contro monasteri e siti simbolo della cultura tibetana. Dal 1950 venne distrutta la quasi totalità dei monasteri, oltre 6.000, di cui molti secolari. Circa 1.200.000 tibetani vennero uccisi. Si tratta comunque di stime in quanto non furono diffusi rapporti ufficiali e i tibetani non erano in grado di potere verificare con esattezza il numero. Anche gli arrestati furono molte migliaia. Anche ad oggi si contano tibetani, soprattutto monaci e monache, nelle carceri cinesi per reati politici legati alla richiesta di indipendenza. La nuova resistenza ha inizio nel 1977 e dura tuttora, dopo due dure repressioni, rispettivamente nel 1980 e nel 1989. Nel 1978, 1979, 1981, 1984 e 1991 la stampa mondiale si occupò del problema irrisolto tibetano. Il Governo tibetano in esilio denuncia la volontà del Governo Cinese di cancellare definitivamente la cultura del Tibet con la repressione, da una parte, e con una propaganda martellante sui mass media e per le strade. Inoltre le scuole non possono insegnare il tibetano oltre ad una certa età, mentre rimane il cinese la lingua ufficiale. Anche il Dalai Lama, in esilio, ormai non richiede più l'indipendenza del Tibet, ma una vera autodeterminazione che possa preservare ciò che è rimasto della sua cultura e che possa garantire ai tibetani i diritti umani fondamentali. Dopo la morte di Mao, continua la resistenza attiva e passiva dei tibetani. Il nuovo leader cinese, Deng Xiaoping (1904 - 1997, promuove a partire dal 1983 massicci trasferimenti di cinesi in Tibet ed il trasferimento forzato s'incrementa dopo il fallimento dei colloqui segreti tra il governo cinese ed il Dalai Lama nel 1987). Pechino si rifiuta di riconoscere il Dalai Lama soprattutto dopo il conferimento del premio Nobel per la pace al Dalai Lama stesso. La morte del Panchen Lama nel 1994 aggrava la tensione: al nuovo Panchen Lama di nomina buddista, la Cina ne nomina uno di sua fiducia. L' XI° Panchen Lama Gedun Choekyi Nyima e tutta la sua famiglia sono da poco scomparsi dalla scena e si ritiene siano sotto arresto domiciliare in Cina pochi giorni dopo che egli era stato riconosciuto dal Dalai Lama (14 Maggio 1995) come la reincarnazione del X° Panchem Lama; questo fatto venne seguito dall' arresto di Chatral Rinpoche, l' abate del monastero di Tashi Lhunpo - la sede dei Panchen Lama. Lo stato ha interferito direttamente con la libertà religiosa dei singoli ed ha imposto un Panchen Lama fasullo nel Novembre 1995.
Articolo tratto da Wikipedia.it
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