Pena di morte, sì alla moratoria
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«È una vittoria di tutta l'Italia - ha commentato il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema - l'Italia conferma di essere in prima linea nel mondo in materia di tutela dei diritti umani». Sulla stessa lunghezza d'onda l'ambasciatore italiano al Palazzo di Vetro, Marcello Spatafora, che subito dopo il voto ha dichiarato: «Quella vinta oggi è una battaglia di cui tutti dovremmo essere orgogliosi». L'Italia ha svolto infatti un ruolo di primo piano nella campagna e nei negoziati per far avanzare la risoluzione, divenuta una priorità di politica estera.
Il testo, dopo due giorni di teso dibattito, è rimasto invariato con ben 14 emendamenti, spesso presentati con l'intento di far deragliare la risoluzione, tutti respinti. La commissione aveva aperto i lavori mercoledì, per proseguirli giovedì mattina: gli emendamenti sono stati bocciati in media con 80 voti contro 70, una ventina di astensioni e altrettanti non

La decisione della Terza commissione rappresenta un passo molto importante ma ancora non definitivo per la risoluzione.
L'appuntamento, infatti, è ora con l'Assemblea generale, probabilmente a metà dicembre, per un voto sulla moratoria: se varata dai 192 Paesi la risoluzione acquisterà un immmediato valore morale, anche se non sarà vincolante. Negli anni Novanta due proposte di risoluzione, che tuttavia chiedevano l'immediata abolizione della pena di morte anziché una moratoria, si erano arenate.
Il voto in commissione è giunto al termine di una saga già rivelatasi lunga e difficile: la moratoria era rimasta ostaggio di richieste di porre l'accento sull'eliminazione della pena capitale e di controproposte per ammorbidire il testo. La risoluzione alla fine presentata e ieri approvata invoca una moratoria in vista di una futura eliminazione.
Il testo

Le più strenue obiezioni sono arrivate da Paesi mediorientali, asiatici e caraibici. Tra i critici più convinti della risoluzione si è distinto Singapore, ma resistenze sono emerse anche da Botswana, Barbados, Iran, Egitto e anche Cina. Iran, Cina, Stati Uniti, Pakistan e Sudan vantano oggi il 90% delle esecuzioni al mondo.
Alcune delle obiezioni, sintomo delle polemiche che dividono l'Onu sulla pena di morte, hanno anche sollevato lo spettro del colonialismo e dell'interferenza negli affari interni di singole nazioni. «Abbiamo

Articolo tratto da IlSole24Ore.com
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