16 novembre 2006

Diritto alla vita...e alla morte...

WELBY PRONTO ALLA DISOBBEDIENZA CIVILE

ROMA -"Nonostante la mia pubblica richiesta di essere sedato per staccare il respiratore, nessuno vuole prendersi questa responsabilità. Quindi, l'unica via percorribile resta quella della disobbedienza civile che - insieme a Marco Pannella e ai compagni radicali - non potremmo e non potremo far altro che mettere in pratica un giorno da decidere. P.Welby". E' quanto afferma in una lettera Piergiorgio Welby, vicepresidente dell'associazione Coscioni in una lettera inviata ai Presidenti e ai membri delle Commissioni Sanità e Giustizia di Senato e Camera, e per conoscenza, ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Dopo il seminario svolto il 27 ottobre scorso, alla Presenza del Presidente della Commissione Sanità Ignazio Marino, con all’ordine del giorno la domanda di Welby rivolta ad autorevoli giuristi, medici, bioetici e politici ("é possibile che mi sia somministrata una sedazione terminale che mi permetta di poter staccare la spina senza dover soffrire?"), il co-Presidente dell Associazione Coscioni ha ritenuto di prendere questa decisione. L'Associazione ha inoltre organizzato per sabato e domenica prossimi una mobilitazione nazionale di raccolta firme sulla petizione rivolta al Parlamento "perché affronti la discussione sulle proposte di legge in materia di decisioni di fine vita e dia l’avvio ad una indagine conoscitiva sul fenomeno dell’eutanasia clandestina".
ESCE “LASCIATEMI MORIRE”
"Ai giorni nostri siamo assediati dalla paura di sopravvivere oltre il limite consentito dalla dignità personale, dal nostro desiderio, dalla capacità di sopportare sofferenze fisiche e mentali". E' l'opinione che Piergiorgio Welby, cinquantunenne romano da oltre quarant'anni affetto di distrofia muscolare e che ormai da trent'anni respira con l'ausilio di un ventilatore polmonare e comunica mediante un computer, affida al libro "Lasciatemi Morire" (Rizzoli), in libreria da domani. Centoquarantesette pagine: quattro capitoletti, una lettera aperta al presidente della Repubblica per rivendicare il diritto alla morte da parte di un uomo che ha già chiesto, senza avere risposta, il permesso "di essere sedato per staccare il respiratore". Secondo l'autore questo "vivere oltre i limiti" è il risultato del progresso della scienza medica che "é in grado di tenere in vita chi un tempo sarebbe morto". "Ma se è la medicina ad aver creato il problema, è doveroso che sia la medicina a preoccuparsi di trovare soluzioni". Per ora Welby, nel contesto italiano vede nella disobbedienza civile l'unico modo possibile per praticare l'eutanasia e mettere così fine a sofferenze insopportabili con una "morte opportuna". "L'eutanasia - si legge nel volume - è l'estremo e generoso aiuto che il medico può offrire per interrompere un percorso di morte". "Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di mettere fine ad una sopravvivenza crudelmente “biologica”, io credo che questa sua volontà debba essere rispettata ed accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico". Così Welby si rivolge, dalle pagine del libro, al presidente Napolitano affidandogli la realizzazione di un sogno: "ottenere l'eutanasia". "Vorrei - scrive - che anche ai cittadini italiani sia data la stessa opportunità che é concessa ai cittadini svizzeri, belgi, olandesi". Inoltre Welby denuncia: "In Italia, l'eutanasia è reato, ma ciò non vuol dire che non “esista”: vi sono richieste di eutanasia che non vengono accolte per il timore dei medici di essere sottoposti a giudizio penale e viceversa, possono venir praticati atti eutanasici senza il consenso informato di pazienti coscienti". "Forse - scrive ancora Welby - quel che ci vuole per ridare ossigeno allo stagnate dibattito italiano è una scossa semantica, una parola che sia priva di incrostazioni, che esprima le contraddizioni che si sono create a causa delle tecnologie legate alla rianimazione, ai supporti che simulano le funzioni vitali". "Noi usiamo una parola che rimanda ad altro, che non ha alcun rapporto con il significato che oggi vogliamo darle". Eutanasia, ricorda l'autore, letteralmente è "buona morte", ma per Welby è "solo una parola falsamente tranquillizzante". "Potremmo dire - aggiunge _ biodignita o ecomorire o finecosciente". L'obiettivo è quello di trovare "una parola che esprima il diritto del malato a non essere ridotto a semplice palestra per esercitazioni e virtuosismi fantascientifici".

Articolo tratto da Corriere.it

Difficile dargli torto, in certe condizioni non si vive ma si cerca di sopravvivere (se non vegetare), quindi se qualcuno è cosciente di quello che fa, perchè non rispettare il suo desiderio di mettere fine a delle sofferenze spesso atroci?

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