

Articolo tratto da Ansa.it
Tra un po' toccherà anche a noi bere la stessa acqua!!!
"Il lavoro minorile è una brutta piaga...ma anche i maggiorenni che non fanno un cazzo!"
Articolo tratto da Corriere.it
Il pesce lo ha azzannato alla testa e al torace ma Eric Nerhus, 41 anni, è riuscito a salvarsi colpendo l'animale con un punteruolo
SYDNEY - Un terrificante attacco di uno squalo bianco: ha azzannato una prima volta alla testa e poi al torace. Eric Nerhus, un sub di 41 anni, è riuscito però a riportare a riva la pelle, anche se per un soffio: è riuscito a liberarsi colpendo l'animale sul muso e in un occhio, con il punteruolo che usava per staccare i molluschi dal fondo. Nerhus stava pescando abalone, o orecchie dì mare, con il figlio ed un gruppo di altri pescatori presso Eden, a sud di Sydney, quando è stato attaccato dallo squalo di tre metri, che ha quasi ingoiato la sua testa, schiacciando la maschera che indossava e fratturandogli il naso, ha raccontato alla radio Abc il suo amico sub Dennis Luobikis.
UN MIRACOLO - «È un miracolo che sia vivo, ma è un tipo duro, sempre in ottima forma», ha aggiunto Dennis Luobikis. Con un secondo morso lo squalo gli ha lacerato il torace, ma Nerhus è stato salvato dal corsetto imbottito di piombo che indossava per nuotare in profondità. Dopo aver combattuto freneticamente per liberarsi dalle fauci dell animale, è stato finalmente tirato a bordo del motoscafo dal figlio. È rimasto cosciente fino all'arrivo di un elicottero di soccorso, che lo ha trasportato in ospedale, dove è ricoverato ora in condizioni gravi serie ma stabili. Il grande squalo bianco prospera nelle acque fredde a sud dell'Australia ed è il più grande predatore marino conosciuto, con una lunghezza media fra quattro e cinque metri, ma può arrivare a sei metri. In Australia vi sono stati 74 attacchi di squali negli ultimi 15 anni.
Articolo tratto da Repubblica.it
Mi piacerebbe vedere in che stato è ridotto dopo un morso di uno squalo bianco alla testa e al torace...
LONDRA - Il volto contratto in una smorfia di terrore, le mani a coprire gli occhi. La paura di morire le è rimasta fissata addosso e, dopo 600 anni, è arrivata fino a noi. Insieme al suo corpo mummificato, perfettamente conservato, scoperto per caso in Amazzonia. Questa donna pietrificata dal panico apparteneva alla tribù dei Chachapoyas, i "guerrieri delle nuvole" come li chiamavano i vicini e rivali Incas, e si è conservata in perfette condizioni grazie alle arti imbalsamatorie del suo popolo.
La mummia è stata ritrovata in una caverna per la sepoltura, destinata anche al culto, scoperta nella foresta pluviale peruviana. E' stato un agricoltore ad avvertire gli scienziati dopo averla trovata per caso mentre era al lavoro in quella zona. Dalla volta nascosta sono emersi preziosi manufatti, ceramiche, tessuti, pitture, oltre al corpo della donna e alla mummia di un bambino, che riposavano insieme. Sulle circostanze della loro morte rimane il mistero.
Come del resto ben poco si sa della loro tribù, i Chachapoyas: biondi, alti, di pelle chiara, erano probabilmente originari dell'Europa. La loro era una delle civiltà più progredite di quell'area. Dall'800 al 1500 furono alla guida di un regno che si estendeva su tutte le Ande. Perfino il loro nome originale è ignoto. Quello che è arrivato a noi è il soprannome dato loro dagli Incas, che li conquistarono: "gente delle nuvole", per le regioni elevate che i Chachapoyas abitavano nella foresta.
La scoperta del sito è considerata di grande importanza dagli archeologi che lo hanno portato alla luce, e le fotografie delle due mummie hanno affascinato il popolo della Rete. Che ha subito iniziato a fare congetture su quelle smorfie di dolore. Non è possibile, dicono alcuni, che il viso sia rimasto fissato in quell'espressione durante l'imbalsamatura: è più probabile che sia stato mummificato per cause naturali. Ma qualcun'altro obietta, commentando un articolo che riporta la scoperta, sul sito dell'Evening Standard, che può essere semplicemente opera del tempo. Le gengive si sarebbero ritirate col passare degli anni consegnando all'eternità quest'immagine angosciata, da cui è così difficile distogliere lo sguardo.
Articolo tratto da Repubblica.it