"Il lavoro minorile è una brutta piaga...ma anche i maggiorenni che non fanno un cazzo!"
14 settembre 2007
Fascisit uguali ai partigiani per la Moratti e la sentenza della Chiesa sui pazienti neurovegetativi
Riabilitare Salò? A Milano Letizia Moratti ci prova ancora
Si dice antifascista, ma vuole oltraggiare chi morì nella lotta di Resistenza. «Scelta coraggiosa» dice il sindaco di Milano Letizia Moratti, ma dedicare il Sacrario ai Caduti di Largo Gemelli a tutti i morti della guerra, partigiani e repubblichini di Salò sta suscitando polemiche. La proposta è stata avanzata dall´assessore ai Servizi Civici Stefano Pillitteri (figlio dell´ex sindaco socialista Paolo Pillitteri) in nome di «un´ottica riconciliativa». L´Anpi, l´associazione dei partigiani, boccia però l´ipotesi con le parole di Tino Casali, presidente nazionale: «Non si possono mettere insieme le spoglie di chi ha combattuto per la democrazia e chi per il fascismo». Stessa tesi per l´ex segretario della Cgil Antonio Pizzinato, oggi coordinatore di Anpi Lombardia: «Nello stesso luogo non si possono ricordare vittime e carnefici». Se la giunta milanese decide di andare avanti, l´opposizione di centrosinistra non ha dubbi. Secondo il consigliere regionale del Prc Luciano Muhlbauer è un «pessimo segnale» che «lascia francamente esterrefatti». «Non ci potrà mai essere riconciliazione - scrive – con quanti continuano a denigrare gli uomini e le donne che diedero la loro vita per la libertà di noi tutti, mettendo vittime e carnefici, antifascisti e fascisti, sullo stesso piano. Non si tratta di questioni che riguardano il passato, bensì il presente e il futuro». In questo quadro, la giunta del Comune di Milano ha deciso di tumulare le spoglie di Giovanni Pesce, partigiano morto il 27 luglio a 89 anni, nel Famedio, il Cimitero Monumentale di Milano. La scelta era stata auspicata dal sindaco di Milano, Letizia Moratti, in occasione della cerimonia funebre. Anche qui, ma questa volta nella destra che appoggia il sindaco, non sono mancate le posizioni contrarie.
«Il paziente in coma è persona da rispettare» Santa Sede: l'alimentazione, anche forzata, in questi casi «è obbligatoria». Il Vaticano: «Sono dovute le cure, che comprendono la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali»
Anche se in «stato vegetativo permanente», il paziente «è una persona, con la sua dignità umana fondamentale». Lo afferma la Congregazione della Dottrina della Fede in risposta ad un quesito della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, sottolinenado che dunque anche al paziente che si trovi in questa situazione «sono dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali». Tale risposta del dicastero vaticano è stata approvata da Benedetto XVI, nel corso di un'udienza concessa al prefetto, card. William Joseph Levada. E il Papa, precisa il testo, «ne ha ordinato la pubblicazione». Per il Vaticano quindi i pazienti in coma vanno nutriti e accuditi. «La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, è in linea di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita». Lo afferma sempre la Congregazione della Dottrina della Fede rispondendo a un quesito della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti. Tale somministrazione, spiega il dicastero vaticano, «è quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l'idratazione e il nutrimento del paziente». Secondo l'ex Sant'Uffizio, «in tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute all'inanizione e alla disidratazione». Nell'affermare che «la somministrazione di cibo e acqua è moralmente obbligatoria in linea di principio», la Congregazione della Dottrina della Fede, spiega una nota di commento diffusa dallo stesso dicastero insieme alle risposte ai quesiti della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, «non esclude che in qualche regione molto isolata o di estrema povertà l'alimentazione e l'idratazione artificiali possano non essere fisicamente possibili». In questi casi, però, precisa la nota vaticana, «sussistono l'obbligo di offrire le cure minimali disponibili e di procurarsi, se possibile, i mezzi necessari per un adeguato sostegno vitale». La Congregazione per la Dottrina della Fede ritiene inoltre lecito interrompere alimentazione e idratazione anche quando «per complicazioni sopraggiunte, il paziente possa non riuscire ad assimilare il cibo e i liquidi, diventando così del tutto inutile la loro somministrazione». Infine, l'interruzione è lecita anche «in qualche raro caso» nel quale «l'alimentazione e l'idratazione artificiali possano comportare per il paziente un'eccessiva gravosità o un rilevante disagio fisico legato, per esempio, a complicanze nell'uso di ausili strumentali». Si tratta, precisa però la nota, di «casi eccezionali» che «nulla tolgono al criterio etico generale, secondo il quale la somministrazione di acqua e cibo, anche quando avvenisse per vie artificiali, rappresenta sempre un mezzo naturale di conservazione della vita e non un trattamento terapeutico». «Il suo uso - conclude la Congregazione - sarà quindi da considerarsi ordinario e proporzionato, anche quando lo stato vegetativo si prolunghi».
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